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Politica
Salvini sfida la Meloni in Europa. Svolta leghista. Analisi

 

 

Mentre in Italia Salvini e la Lega cercano di giocare un ruolo centrale nel nuovo governo Draghi, approfittando delle debolezze del Pd, dei mille contrasti all’interno del movimento cinque stelle, anche in Europa la Lega sembra non voler stare ferma, sopratutto dopo la clamorosa uscita dal Ppe dell’Ungheria di Orban. "Stiamo lavorando per creare un nuovo gruppo europeo: sono in contatto con i polacchi e gli ungheresi. L'ingresso nel Ppe non è all'ordine del giorno". Ha detto Matteo Salvini in una intervista ad Annalisa Chirico, sparigliando le carte, e confermando il travaglio della Lega nella ricerca di una nuova collocazione in Europa. In un colpo solo il leader della Lega ha assestato tre colpi pesanti, il primo al suo vice Giorgetti, forse distratto dal suo ruolo al Mise, che da sempre vorrebbe un atterraggio morbido del partito verso i popolari europei, il secondo alla sua alleata Giorgia Meloni, che sicuramente rappresenterebbe con il gruppo Ecr, di cui è fresca presidente, il primo naturale approdo del partito di Orban, e il terzo all’Europa stessa per far capire che il Matteo Salvini critico di una certa Europa, rafforzata ancne nei fatto dal totale fallimento della Von der Leyen sulla campagna vaccinale, non è mai sparito, ma è vigile ed attento. Da tempo, infatti, si dice che all’interno della Lega ormai a prevalere sia la linea più “morbida” del numero 2 Giancarlo Giorgetti, che occupa la importante poltrona del Mise nel governo Draghi, e che quindi avrebbe in qualche modo frenato le mire sovraniste e populiste del leader Salvini. Ma con questa mossa che sembra andare in una direzione opposta, Salvini sembrerebbe voler invece dimostrare che fino a prova contraria la linea del partito la detta ancora lui, sia in ambito nazionale, che in quello internazionale. Non è un mistero, infatti, che Giorgetti da tempo stia lavorando, grazie ai suoi importanti contatti a livello internazionale, per un possibile ingresso della Lega nella famiglia dei popolari europei, abbandonando la Le Pen e il gruppo di Identità e Democrazia. Certo una rondine non fa primavera, ma sicuramente il fatto che il leader leghista si sia sentito in dovere di balenare l’ ipotesi di un nuovo gruppo con Orban e il polacco Kaczynsky, non può essere derubricata ad una semplice boutade, ma  rappresenta forse un segnale forte non solo al partito e a Giorgetto, ma anche alla sua alleata/ rivale, quella Giorgia Meloni, secondo bersaglio del Matteo nazionale. In Europa Giorgia Meloni e il suo partito, grazie anche ai suoi fidatissimi e bravissimi scudieri, Raffaele Fitto e Carlo Fidanza, rispettivamente co presidente ECR e capo delegazione del partito al parlamento, sono stati in grado di ritagliarsi un ruolo importante all’interno della famiglia dei conservatori europei e non solo, considerando i recenti inviti da parte dei repubblicani americani alla Meloni nel 2018 e nel 2019 ( Fidanza era presente quest’anno al raduno dei repubblicani ad Orlando, dove Trump ha tenuto il suo primo discorso pubblico dopo l’uscita dalla Casa Bianca). Infine Salvini ha voluto dare una sorta di avvertimento anche alle istituzioni di Bruxelles, che da sempre lo hanno ritenuto come una sorta di menestrello da tenere a bada, piu che il leader del primo partito italiano. Con Draghi e con la sua presunta folgorazione sulla via di damasco dell’europeismo senza se e senza ma, tutti pensavano di aver messo in qualche modo le briglia la cavallo “pazzo”. Certo il fatto che la Lega all’interno dell’attuale gruppo di Identita e democrazia non si senta iu a suo agio è cosa ormai risaputa La stessa Le Pen, grande amica ed alleata di Salvini, pare in questa ultima fase della sua vita politica, desiderosa di ammorbidire, almeno in apparenza alcune sue posizioni forti, che fino ad ora le hanno precluso la strada verso l’Eliseo. Adesso occorre trovare una nuova collocazione per il partito, che però non sembra essere quella auspicata da Giorgetti. La telefonata di qualche giorno fa con Orban, per parlare di vaccini è stata sicuramente anche l’occasione per parlare di alleanze in Europa, e forse proprio la pandemia e i vaccini possono offrire lo spunto per dare la stura ad un cambio di passo sulle politiche europee. I ritardi e i tanti errori commessi sulle forniture di vaccinazioni da una sempre meno convincente Von Der Leyen, infatti, hanno lasciato perplessi anche gli europeisti piu convinti, rendendo ormai abbastanza palese che questa Europa conserva al suo interno ancora troppe contraddizioni e debolezze, che rischiano sempre di più di marginalizzarla nella geopolitica internazionale. Il leader della Lega ormai si è sempre più convinto, come dicono a mezza bocca alcuni suoi fedelissimi, che occorre un cambio di passo non solo in Italia ( cosa che lui pensa possa avvenire con Draghi e con la Lega a fare da motore del nuovo esecutivo) ma anche conseguentemente in Europa, dove sempre avre trovato proprio in Draghi il suo migliore alleato, con la dura presa di posizione che ha preso bloccando l’exort di vaccini verso Australia ( prima gli europei parafrasando una frase assai cara al leghista).  L’autorevolezza del premier in Europa lo mette al riparo, in un certo senso, dalle solite accuse mosse dalla sinistra sul suo pericoloso sentimento antieuropeismo. Chissà che dietro alla sua convinta adesione a Draghi, non ci fosse anche questo surretizzio intendimento. Entrare in uno dei governo iu europeista che si potessero formare, a guida dell’autorevole ex presidente della Bce e senza incarichi di governo, ma con la regia del leader può incidere, senza esporsi, e intanto costruire quella idea di una destra europea critica e costruttiva La leadarship del nostro paese, come da sempre si va dicendo, passa si dall’Italia, dove l’esperienza di governo può essere un viatico fondamentale per le prossime elezioni, ma passa anche e non potrebbe essere altrimenti dall’Europa, senza il cui via libera diventa difficile per tutti governare, come esperienza gialloverde ha dimostrato. Giorgetti proprio in questa ottica vorrebbe per il partito un atterraggio morbido nella grande famiglia dei popolari, che però mai come ora sembra essere in una grave crisi di identità, considerando che sia il PP in Spagna, che la Cdu in Germania per non parlare di Forza Italia, che sono l’ossatura del gruppo, hanno da tempo perso smalto in patria, e anche in Europa il loro peso è sempre meno incisivo. Entrare nel Ppe, malgrado quello che può pensare Giorgetti, forse in uno dei suoi momenti di eccessiva debolezza, potrebbe essere vista anche come un tentativo di rinnegare alcuni principi, che sono quelli che poi hanno permesso alla Lega di essere, ancora oggi, il primo partito italiano.

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