Politica

Studenti di nuovo in piazza in tutta Italia, nel nome di Lorenzo Parelli

Di Lorenzo Zacchetti

I giovani tornano a manifestare per reclamare quei diritti citati anche da Mattarella, ma sui quali non vengono ascoltati

Manifestazioni studentesche da Milano a Roma

Altro che svogliati, demotivati o superficiali! Gli studenti italiani tornano in piazza, nel ricordo di Lorenzo Parelli e ancora più arrabbiati dopo le cariche della polizia che, pure indignando l’opinione pubblica, hanno prodotto una risposta istituzionale decisamente timida. Le manganellate sui corpi disarmati di adolescenti che tutto sembravano rappresentare, tranne che un pericolo sociale, sono state spiegate dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese con dei presunti “infiltrati” che vanno sempre bene per giustificare tutto, qualunque sia il contesto e la parte politica in causa.

Un giochino decisamente stantio, al punto che i più arrabbiati con la titolare del Viminale sono proprio quelli del centrosinistra, campo del quale Lamorgese è considerata espressione (pur essendo una “tecnica”). Da Milano a Roma, gli studenti tornano in piazza per reclamare quei diritti che anche il Presidente Sergio Mattarella ha voluto sottolineare nel suo accorato discorso di insediamento-bis: oltre a chiedere uno slancio di dignità che fermi le sciagurate morti sui posti di lavoro (o di tirocinio, come toccato al povero Lorenzo), ha invitato ad ascoltare la voce degli studenti. E gli applausi scroscianti del Parlamento in seduta comune sono suonati stonati come unghie sulla lavagna, ripensando sia alle parole di Lamorgese, sia alle troppe occasioni perse per dimostrare che qualcuno ha davvero a cuore il futuro dei giovani.

La voce che Mattarella invita ad ascoltare non lamenta “solo” la ferita insanabile di un diciottenne morto in un cantiere, ma esprime una lunga lista di doglianze più che giustificate. In questi due anni di pandemia, la sorte dei giovani è sembrata davvero l’ultima delle preoccupazioni della classe dirigente. La scuola, già maltrattata prima del Covid, è stata la prima a chiudere e l’ultima a riaprire, con una noncuranza non giustificabile con l’oggettiva difficoltà della situazione. Lo sport e la socialità sono stati sacrificati come danni collaterali trascurabili, a differenza degli interessi economici prevalenti. C’è stata coerenza – purtroppo – nel sottovalutare l’allarme generazionale di chi guarda al futuro e vede precariato, una forbice sociale che continua ad allargarsi e un’allarme ambientale che non accenna a calare, anzi mette in dubbio la stessa esistenza di un domani. Rispondere a questo grido di dolore con delle manganellate – oltre che un fatto grave da chiarire nelle sue responsabilità - è il segno di una resa generalizzata delle istituzioni, già ben tratteggiata durante la settimana quirinalizia e non certo meno evidente in questo frangente specifico.

 

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