Politica

Sui soprusi di Libia ed Egitto,l’assordante silenzio dell’Italia

di Daniele Rosa

La nostra politica estera sembra non possedere spina dorsale. Forse ‘ristori’ pure ai pescatori di Mazara

Ma cosa dovrebbero fare di più Egitto e Libia perchè il nostro Paese, che tutti, settima Potenza mondiale, finisca l’assordante silenzio e una sorta di immobilità verso fatti gravissimi accaduti e che stanno accadendo ai nostri concittadini?

Di fronte alla drammatica morte del giovane Regeni, seviziato e torturato dai servizi segreti egiziani, la cui vicenda viene alla luce con nomi e cognomi solo adesso dopo anni, il minimo che si sarebbe dovuto fare è, come ha detto il Presidente della Camera, Roberto Fico, chiudere i rapporti diplomatici con l’Egitto. Una misura annunciata ma che al momento non si è capito bene se sia stata veramente messa in atto.

Il sequestro, le torture e l'omicidio di Giulio Regeni, adesso si sa, sono stati firmati dagli apparati del governo egiziano di Al Sisi. In questo percorso di morte vi è però anche la responsabilità morale di quelli di cui il giovane ricercatore si fidava e che avrebbero dovuto proteggerlo: gli "amici" del Cairo. Amici che lo hanno venduto ai servizi segreti della National Security. E adesso quattro persone sono accusate dell’omicidio e delle torture: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Ora conosciuti ma pure scomparsi.

E nemmeno di poco conto il caso dello studente egiziano dell'Università di Bologna, Patryck Zaky, incarcerato da oltre dieci mesi senza motivazioni apparenti. ‘Continuo a pensare all'Università’ dice lo studente mentre Amnesty chiede al Governo italiano di fare di più.

Appello che sembra essere caduto nel vuoto.

L’altro accadimento è quello che coinvolge la Libia. Da più di 100 giorni 18 pescatori di Mazara del Vallo sono tenuti prigionieri nelle carceri libiche come merce di scambio con detenuti libici ora nel nostro Paese.  Un Paese che in questa fase storica sembra avere una diplomazia balbettante. Ma il problema sulla diplomazia del nostro Paese parte da un po’ più lontano.

Purtroppo per l’Italia, la piattaforma Rousseau ha, anni fa, dato il via libera con pochi voti alla carriera politica di un giovane, di buona volontà. Questo giovane è diventato il capo dell’attuale partito di maggioranza al Governo (non nel Paese), ed è diventato il Plenipotenziario  del Ministero degli Esteri. Non ha certo rubato  nulla ed anzi gli va riconosciuta la volontà e la perseveranza di credere in un’idea e di lavorare per essa anche se con diverse deviazioni sui vari dogmi iniziali.

E non è certo lui l’unico responsabile di un posizionamento dell’Italia all’estero davvero poco significativo.

Però la nomina di una persona con un  profilo professionale così modesto, nessuna laurea, poca conoscenza delle lingue, esperienza internazionale praticamente a zero lascia spazio a due considerazioni : la prima è che il nostro Paese potrebbe essere preso ad esempio quale miglior culla del concetto di democrazia, tutti possono arrivare a fare tutto, indipendentemente dalla loro preparazione o esperienza ( non è certo un bene ma certo in politica un dato di fatto ), la seconda è che risulta evidente la disparità di trattamento tra un qualsiasi giovane che cerca lavoro e un giovane che vuole fare politica. Al primo viene richiesto un profilo professionale da serie A, al secondo basta dimostrare di aver giocato all’oratorio e magari nemmeno tutte le partite. La differenza è che il primo non ha nemmeno un centesimo della responsabilità che invece un Ministro degli Esteri ha nei confronti del proprio Paese.

Certo per Regeni l’establishment politico italiano dirà che in fondo e con il tempo la verità sta venendo fuori. Peccato che dei quattro responsabili, dopo anni, si siano perse le tracce. Ma in fondo che importa basta che annunciamo, a voce bassa, che abbiamo chiuso le relazioni  diplomatiche con l’Egitto. Ma siamo sicuri che l’Egitto lo sappia?

Sulla vicenda dei pescatori la soluzione anche in questo caso sembra sfuggirci. Certo il Governo continua a ripetere che questo tipo di trattativa privilegia la segretezza e i movimenti dell’Intelligence, ma dopo 100 giorni di silenzio qualche dubbio sulla capacità di fare pressione ai libici puo’ facilmente sorgere.

Troppo facile sarebbe stato prevedere quello che sarebbe successo se i medesimi sequestri, omicidi e detenzioni fossero stati  perpetrati sulla pelle di cittadini inglesi, francesi o americani.

Navi militari di fronte a Bengasi , sorvolo dimostrativo di caccia sul territorio e trattativa diplomatica con soggetti in grado di battere i pugni sul tavolo. Una dimostrazione muscolare che magari avrebbe fatto capire che ‘non ci stiamo più ai ricatti o alle bugie di anni’.

Però alla maggioranza di questa Italia va bene così. Una Farnesina ‘politicamente corretta e strutturalmente evanescente’ che consiglia di mettere dei ‘fiori nei cannoni’ mentre gli altri, i signori egiziani e libici, usano catene e prigioni per i nostri cittadini.E magari un ‘ristoro’ copioso anche per le famiglie dei pescatori le potrebbe tenere calme fino alla liberazione dei congiunti.

In fondo l’ex capo politico dei 5 Stelle, dopo aver abolito la povertà, potrebbe assicurarci di aver abolito pure l’immagine della diplomazia italiana all’estero.

Un’Italia che, invece, tanti anni fa, rispondeva con il pugno di ferro nella base aerea di Sigonella non alla Libia o all’Egitto, ma ad una superpotenza alleata del calibro degli Stati Uniti.

Ma a quei tempi alla guida c’erano ben altri personaggi , di certo non votati dalla piattaforma Rousseau.