Politica

Draghi, per l'Economist Italia miglior paese. Cosa cela l'elogio al premier

di Antonio Amorosi

Draghi leader perfetto. Gruppo Bilderberg e alta finanza. Saremo il popolo più indebitato al mondo. Troppo occupati a scannarci tra vax e novax per accorgercene

The Economist incorona Draghi. Perché dietro c’è l’alta finanza. Manipolazioni in corso


Per The Economist, il magazine della conoscenza liberal e bibbia della finanza mondiale, l’Italia è il Paese dell’anno, grazie a Mario Draghi. 

Motivo? 

In soldoni il premier viene incoronato perché ha unito partiti rissosi, assicurato al Paese i fondi Ue del Recovery Fund, ha conseguito numeri da record per la campagna vaccinale anti Covid e l’economia sta recuperando più che in Francia e Germania. 

Ma se guardassimo a quanto accaduto in Italia in modo meno ideologico potremmo sostenere tesi diametralmente opposte, senza correre il pericolo di essere smentiti. 

Prima c’erano dei partiti rissosi ora sono spappolati in correnti che rissano fra loro pronti a esplodere in qualsiasi momento; i fondi Ue del Recovery Fund sono debiti e partite di giro (per le partite di giro che vengono chiamate “fondo perduto” la Spagna ha ottenuto più di noi, invece per i debiti da restituire con gli interessi, è vero, siamo i numeri uno); la campagna vaccinale è stata condotta anche ricattando le persone con la paura che perdessero il lavoro (Spagna e Portogallo che hanno vaccinato più di noi non si sono neanche sognate di violare i loro principi costituzionali e ricattare la popolazione); le economie di Italia, Francia e Germania sono imparagonabili, in più l’Italia ha avuto un crollo del Pil quasi doppio rispetto al tedesco, quindi è normale che si veda qualche segno di vita sulla terra nel breve periodo.

Perché Draghi piace tanto alle élite finanziarie. Le parole di Mattei che sfidò le Sette sorelle del petrolio


Mario Draghi piace tanto alle élite finanziarie, ancora di più se straniere, come piaceva Mario Monti qualche anno fa e ancor prima Romano Prodi. Le stesse élite che hanno scelto l’euro, il neoliberismo estremo e la globalizzazione selvaggia che viviamo tutti i giorni. 
E poi da quando c’è Draghi vinciamo tutto, anche il mondiale di pasticceria!
La domanda è: chi determina le politiche dell’Italia? Gli italiani quando votano o la grande finanza e i loro rappresentanti in Italia? Perché questo continuo martellamento straniero? Perché è così importante che le politiche di Draghi piacciano ai poteri stranieri? Non è che, al di là del Truman Show dei media mainstream, stia accadendo dell’altro? Da quando c’è Draghi non c’è più odio per la politica, c’è solo amore, gli italiani sono tutti in fila a vaccinarsi o impegnati a dividersi e a odiarsi tra vax e no vax, con gli stipendi al minimo storico del mondo e riempiti di debiti fino agli occhi che le prossime generazioni si venderanno al miglior offerente come mai nessuno in passato.
Draghi è il leader perfetto per The Economist. I numeri dicono che saremo il popolo più indebitato del mondo, preparate le proprietà e i conti correnti! Sembra siano le uniche cose che interessino ai fondi internazionali.
Il grande Enrico Mattei che inventò Eni e sfidò le Sette sorelle del petrolio ebbe a dire un giorno parlando ai dirigenti dei Paesi del terzo mondo: “Quando ci siamo messi al lavoro siamo stati derisi, perché dicevano che noi italiani non avevamo le capacità né le qualità per conseguire il successo. Eravamo quasi disposti a crederlo perché, da ragazzi, ci avevano insegnato queste cose. Io proprio vorrei che gli uomini responsabili della cultura e dell’insegnamento ricordassero che noi italiani dobbiamo toglierci di dosso questo complesso d’inferiorità… Ricordatevi amici di altri Paesi: sono le cose che hanno fatto credere a noi e che ora insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani. Ma per fare questo è necessario studiare, imparare, conoscere i problemi. E noi ci mettemmo con tanto impegno e abbiamo creato scuole aziendali per ingegneri, per specialisti, per operai, per tutti e dappertutto”.

La conoscenza non è un esercizio accademico, non punta alla ricerca della verità, ancor di più quando è l’attività di chi esercita e detiene il potere reale, il denaro e la finanza. Ce lo hanno spiegato i pilastri del pensiero moderno, Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger e soprattutto Michael Foucault. La conoscenza non mira a conoscere la verità ma è il risultato del dominio sulle cose, del disciplinamento della realtà e delle persone.

The Economist fa politica come altri, legittimo. Sono gli italiani che non la fanno più e vivono in questo eterno complesso di inferiorità. 

Dal 2015 Exor, la holding della famiglia Agnelli con sede legale in Olanda, è il primo azionista del settimanale. Tra gli altri azionisti c’è la famiglia Rothschild, uno dei nomi più influenti dello scenario economico e politico internazionale, il loro impero finanziario e bancario è uno dei più potenti al mondo: sono stati a capo di The Economist per anni.

The Economist, Draghi e il Gruppo Bilderberg


La dinastia Rothschild è rappresentata nel Gruppo Bilderberg, dove si pianificano strategie economiche e politiche globali ed è aperto solo alle persone più potenti del pianeta. Così come la famiglia Agnelli, come scriveva La Repubblica nel 2014, quando non era di proprietà degli Agnelli, “Gianni e Umberto Agnelli e gli eredi sono nel Gruppo Bilderberg”, oggi John Elkann. Tra i presidenti del Consiglio dei ministri anche Romano Prodi è stato nel Gruppo, ma anche Mario Monti. Anche la direttrice di The Economist Zanny Minton Beddoes è stata invitata alle sedute del Gruppo. E non mancano gli esponenti di Goldman Sachs, la potente banca americana di cui Draghi è stato consulente. Una banca d’affari, ha scritto Le Monde che in Europa ha “tessuto una rete d’influenza unica sedimentata nel corso dei lustri grazie a una fitta trama sia pubblica, sia sotterranea”. 
The Economist, come non nasconde il suo appoggio a Draghi, non disdegna il suo sostegno pubblico ai leader che si candidano. Oltre ad aver sostenuto con forza la globalizzazione, nel 2006 ha sostenuto Romano Prodi, poi Walter Veltroni, nel 2008 Barack Obama, nel 2010 David Cameron, nel 2013 Angela Merkel, il no al referendum sull'indipendenza della Scozia, erano contrari alla Brexit e per la permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Europea, hanno sostenuto Joe Biden nel 2020. The Economist fa politica come tanti altri gruppi
Se al liberale Draghi che all’instaurazione del Green Pass ha detto la frase "il Green Pass è una misura con cui le persone possono continuare a fare le proprie attività con la garanzia però di ritrovarsi di fronte a persone che non siano contagiose (è noto anche alle pietre che i vaccinati possono contagiare, ndr)", va data una corona, cosa va consegnato ai premier di Corea del Sud e Svezia che da inizio pandemia hanno pochissimi morti e mai fatto neanche un’ora di lockdown e non si sognano minimamente di restringere le libertà dei propri cittadini?
In Svezia ci sono stati in tutto 15.000 morti per Covid, in Corea del Sud 4500.
A loro cosa dovevano dare? Il Nobel?

Ah no! Corea e Svezia non erano neanche candidate. Non hanno Draghi.