Politica
Tommaso Cerno insulta gli albanesi e si becca del “cretino”
Ma non era diventato un sostenitore di Giorgia Meloni?
La perenne confusione tra destra e sinistra
Tommaso Cerno (48) è un personaggio sui generis del giornalismo politico italiano e rientra in quella fascia che si può definire degli “eterni oscillanti” e cioè di quelli che una volta sono a destra, ti giri, e zac! te li ritrovi a sinistra e così di seguito in un moto a trottola che metterebbe in difficoltà anche Newton e le sue pregiate equazioni differenziali.
Vogliamo parlare di opportunismo oppure di perenne confusione?
Ai lettori l’ardua sentenza.
Per chi fosse interessato alla sua storia pregressa che ha il fascino dell’avventura salgariana lo rimandiamo a questo articolo
Da cui si evince il suo imbarazzante pendolarismo.
Basti pensare che esordisce in politica nell’ormai lontano 1995 quando si candidò a destra con Alleanza Nazionale alle comunali di Udine, ma fu bocciato dall’elettorato.
Così, poco dopo, lo ritroviamo a sinistra assistente del vicesindaco di Udine del PDS e poi compare, misteriosamente come Zelig, nel governo Amato II come addetto stampa di un sottosegretario.
Infine, nel 2018 il Nostro ce la fa ed entra finalmente in Senato con il Pd, dove ricomincia il giochetto dei cambi. Lascia il Pd, entra nel misto e poi torna nel Pd.
Pur essendo stato dirigente dell’Arcigay si dichiara contrario al decreto Zan.
Dallo scorso anno è direttore de L’Identità, “quotidiano conservatore” e quindi ci risiamo, ora si è rispostato a destra. Si noti che Cerno, nella sua carriera giornalistica, è stato condirettore di Repubblica e direttore de L’Espresso, cioè la sinistra più sinistra che si possa immaginare.
Insomma il friulano sembra essere una specie di Nicola Bombacci che passò la vita a oscillare tra Lenin e Mussolini e con questo finì a Piazzale Loreto.
Ma torniamo al presente o quasi.
Qualche tempo fa, alla scomparsa di Berlusconi, l’ex senatore fece un paio di interventi che lasciarono interdetti gli spettatori perché non si capiva letteralmente cosa volesse dire, condendo l’oscuro eloquio con misteriose allusioni ad una certa “collina di De Andrè”.