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Politica
Velina anti-Trump di Giuliano Ferrara contro la sua creatura, Il Foglio

Sabato scorso Giuliano Ferrara ha sentito l’impellente necessità di scrivere una velina direttamente alla sua creatura, Il Foglio, con toni che fanno sospettare uno scatto di senilità ingombrante; argomento: Trump, naturalmente.

Tutto nasce dal fatto che Il Foglio ha accolto con trepidante e gioiosa gaiezza la notizia dell’elezione a 45°-simo Presidente degli Usa del tycoon americano interpretando con troppa enfasi -dice il fondatore emerito- la soddisfazione di una certa destra rozza, anti-intellettuale e populista.
Un breve excursus sulla biografia di Ferrara ci può aiutare ad inquadrare meglio il personaggio e da quale pulpito venga il predicozzo.
Giuliano Ferrara è figlio di Maurizio Ferrara, direttore de l’Unità, parlamentare, papaverone comunista e Presidente della Regione Lazio negli anni ’70 del XX secolo e di Marcella de Francesco, gappista e “segretaria particolare” del leader maximo Palmiro Togliatti.
Con tali genitori il ragazzone (era grosso anche da piccolo) non poteva che diventare comunista e così fu; una vocazione, la sua, che sembrava più una predestinazione familiare verso il Sol dell’Avvenir.
Nel marzo del 1968 lo troviamo  infatti negli scontri studenteschi di Valle Giulia a Roma, quelli in cui Pasolini si schierò con i poliziotti “veri figli del popolo” contro i “fighetti”, come Ferrara, che invece volevano la rivoluzione dai loro comodi sofà borghesissimi e già allora pieni di ogni confort dell’odiato capitalismo.
Il periodo “rivoluzionario” però deve essere valso a qualcosa, sebbene la laurea rimase un beato sogno (meglio fare la rivoluzione che dedicarsi al borghesissimo studio) ed infatti nel 1973 è il responsabile per il PCI della Fiat a Torino, tutto “falce e tortello”; prosegue la sua carriera politica diventando responsabile del PCI Torinese e poi consigliere al comune dove si mette in mostra, nel 1982, per una polemica tutta interna al PCI torinese quando chiede una pubblica commemorazione per le vittime dei campi di Sabra e Shatila che gli viene rifiutata. Allora il ragazzone è filopalestinese (dopo diverrà un fervente ed a volte imbarazzante sostenitore di Israele) e lascia il PCI, ma non la cadrega comunale (i soldi so’ soldi).

L’affronto subito nella sua casa natale e in quella dei genitori lo spinge verso posizione più moderate e lasciando la sua primeva vocazione di “falce e tortello” passa, nel 1985, alla “rosa e tortello” e cioè al PSI di Bettino Craxi della “Milano da bere, che lo porta direttamente al Parlamento di Bruxelles, eletto nelle fila del partito socialista.
Qualcuno come Travaglio contesta a Ferrara che questa “conversione sulla via del riformismo socialista” sia stata puramente di convenienza ma il Nostro nega e si offende. Fu tutta passione genuina per la politica e per le sorti “triste e progressive” dell’Italia che lui non poco ha contribuito ad affossare.
Sempre Travaglio, nel 2007, dalle colonne dell’Unità riporta il gustoso episodio della condanna di Ferrara da parte di un tribunale di Parigi per “contraffazione dell’opera di ingegno” perché, prosaicamente, s’era fregato un articolo dello scrittore Tabucchi destinato a Le Monde:

http://www.faretesto.com/giuliano-ferrara-maschera-della-tv-trash-t1345321

Ma i guai si avvicinano e con Mani Pulite Ferrara prende un gran fugone che lo porta nella neonata Forza Italia di Silvio Berlusconi (poveri genitori e povero Togliatti!) che gli dà nel suo primo governo del 1994 un ministero inesistente e cioè quello dei Rapporti con il parlamento che nessuno vuole e nel 1996, con l’ex moglie del tycoon italiano Veronica Lario, fonda Il Foglio.
Successivamente, nel 2003, Ferrara ha l’ardire di dichiarare di essere stato a metà degli anni ‘80 al soldo dell’odiata (a parole) CIA; un fatto gravissimo per un comune cittadino italiano figurarsi per un politico e giornalista, un fatto che da solo dovrebbe stroncargli meritatamente la carriera nei due campi, ma siamo in Italia e questi atteggiamenti “eversivi” non solo sono tollerati per i potenti ma addirittura premiati e così decolla definitivamente la sua carriera.
Negli anni assume atteggiamenti bizzarri e stravaganti che imbarazzano anche i suoi sostenitori come quando si traveste da donna contro la magistrata Ilda Boccassini (però, a ben guardare, può assomigliare all’odiato Trump per l’ormai nota dominante cromatica arancione):


Ma torniamo all’attualità.
Ferrara contesta a Claudio Cerasa, attuale direttore de Il Foglio, e ad alcuni giornalisti di aver elogiato troppo la vittoria di Trump che porta degrado e volgarità nel mondo.
Questa posizione fa sganasciare dalle risate sostenuta da chi ha portato in Italia la TV spazzatura o trash inaugurando addirittura un filone storico nel 1987 con” Linea Rovente” (Rai Tre) e contribuendo in maniera prominente al degrado totale del clima culturale italiano che dopo la “sua Tv” ha visto consolidarsi la “televisione della rissa e della volgarità” a fini puramente di audience e quindi di soldi (gli stessi che gli passava la Cia).
In una intervista a Sabelli Fioretti Ferrara dichiara vestendo una posizione socratica:

La vita è sudata, piena di traffico, di puzza. La vita è piena di spazzatura. La vita non è certo il luogo dove il grande autore arriva e presenta il suo libro…

Forse sarà così la sua, ma si fa fatica a vedere una differenza con quello che dice Trump.
Ma come? Ferrara è stato per anni il testaccino “Trump de’ noantri” che ha fatto dello sberleffo “politically incorrect”, della violenza verbale, della rissa mediatica, dell’intolleranza militante, dell’aggressività machista il suo cavallo di battaglia ed ora critica la sua stessa creatura, Il Foglio, solo perché ha osato sostenere il Trump originale, quello vero e non la sua versione macchiettistica?
E’ vero che da uno che faceva il giornalista, il politico e l’uomo della Cia in Italia non è che ci si possa aspettare molto ma gli stessi pochi fans rimasti cominciano a sospettare che per l’ ex “falce e tortello” il declino senile sia malinconicamente incominciato…

 

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