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Politica
Zaia, Fedriga, Fontana, Giorgetti... Europee, tutti i no dei big a Salvini
Matteo Salvini e Massimiliano Fedriga

Le tensioni nella maggioranza non sono che il riverbero degli attriti nel Carroccio

 

Salvini ha poco tempo: dopo il 9 giugno potrebbero cambiare i rapporti di forza nella coalizione e di conseguenza potrebbero cambiare le sue sorti nel partito che guida.

E il modo in cui il vicepremier leghista va a caccia di candidati per Strasburgo lo testimonia: all’ultimo vertice della Lega ha chiesto persino ai suoi presidenti di Regione e al ministro Giorgetti "un gesto di generosità.

La risposta - scrive il Corriere della Sera - è stata unanime. Zaia ha detto no perché "mentre si discute di un terzo mandato ai governatori, non posso dare l’impressione di cercare una via di fuga dal Veneto". Fedriga ha detto no perché "non è nemmeno un anno che sono stato rieletto in Friuli-Venezia Giulia e non sarebbe un gesto corretto verso chi mi ha votato". Fontana ha detto no perché "sono stato confermato in Lombardia come espressione del buongoverno di tutto il centrodestra e una candidatura non sarebbe compresa". Anche Giorgetti ha detto no, ma senza dirlo: non ha proprio risposto.

La rivolta dei generali si consuma nel segreto di una riunione, come si conviene a un partito leninista. Ma quando un dirigente di primo piano del Carroccio avvisa che "abbiamo una tradizione da difendere", s’intuisce che la misura è colma. Basti pensare ai sospetti di un congresso anticipato che circolavano da una settimana e a cui ieri ha dato voce l’Adnkronos. Salvini ha fatto smentire l’ipotesi con la quale si accreditava il tentativo del leader di farsi rieleggere prima delle Europee, così da evitare il processo interno dopo le elezioni. Ma è un fatto che alcuni esponenti di spicco della Lega minaccino di non votare il 9 giugno. E che in Lombardia il congresso non si è ancora svolto, siccome — raccontano — "il segretario potrebbe finire in minoranza".

Insomma le tensioni nella maggioranza - scrive sempre il Corriere della Sera - non sono che il riverbero delle tensioni nel Carroccio, l’effetto distorsivo delle manovre del vicepremier leghista che (anche) sul terzo mandato "ha agito senza informare nessuno", sottolinea un autorevole ministro: "Ma se pensa che gli corriamo dietro, sbaglia". Neppure la prospettiva che la coalizione si spacchi in Parlamento sull’emendamento per i governatori, presentato dalla Lega, scompone gli alleati: "È campagna elettorale", commenta Tajani. Pronto a candidarsi alle Europee, se lo farà Meloni. E Meloni lo farà, come ha anticipato Affaritaliani.it.






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