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De Nittis, gioiello a tinte auree della 'Veduta parigina - Quai des Orfèvres'
Il catalogo di Giuseppe De Nittis si arricchisce della "Veduta parigina - Quai des Orfèvres" della collezione Maratea di Vico del Gargano
E’ difficile esprimere la sensazione di particolare soddisfazione, per aver contribuito al recupero di una tessera - seppur piccola - del mosaico patrimoniale di un autore come Giuseppe De Nittis.
Ma l’altro pomeriggio, dopo aver ricevuto la nota analitica della professoressa Christine Farese Sperken, sulla tavola con Veduta parigina dal Quai des Orfèvres (Collezione Maratea - Vico del Gargano), che ne sancisce l’attribuzione al famoso artista barlettano - dopo le diverse analisi di laboratori specializzati - non ho resistito: mi sono messo in macchina e sono andato a Palazzo della Marra.
Non avevo un motivo preciso. Ho sentito solo di averne voglia, quasi come se volessi portare la notizia, personalmente, a Casa De Nittis. E lì ho avuto la netta e chiara “impressione” che il pittore mi stesse aspettando, sulla soglia della sua casa/museo, con un sorriso sornione e riconoscente: quasi volesse confermare la condivisione di quella soddisfazione, col velato e afono commento di chi già sapeva che un gioiello così raffinato non poteva continuare a brillare nell’ombra dell’incertezza.
Il catalogo De Nittis, quindi, si arricchisce di un quadro non grande ma prezioso: un olio su legno (21x28cm), presumibilmente risalente al periodo a cavallo tra i cicli degli “scorci parigini” e le “vedute londinesi” dell’artista pugliese, che si era affermato tra “les Italiens de Paris”. L'opera appartiene alla collezione privata degli eredi del capo redattore diplomatico de “Il Messaggero” negli anni ’30, Francesco Maratea, di Vico del Gargano. E per l’imponderabile casualità degli eventi, si trova - ancora oggi - a pochi passi da quella via dell’affascinante cittadina garganica, che l’inconsapevole attribuzione toponomastica decise - tempo addietro - di dedicare proprio a Giuseppe De Nittis.
Un percorso alquanto lungo, durato circa due anni, che ha visto l’opera sottoposta a tutte le analisi di laboratorio, per la verifica di datazione dei materiali, dei colori e dei supporti, nonché dell’apposizione della firma - a cura di esperti accreditati in conservazione e restauro - con prelievo di campionatura anche per l’analisi stratigrafica, per poter confermare, scientificamente e “senza ombra di dubbio” la loro compatibilità con le ipotesi di attribuzione dell’opera al XIX secolo.
Un controllo rigoroso e necessario, suggerito dalla stessa Christine Farese Sperken e perseguito dalla proprietà, per superare tutti i livelli di difesa e scettiscismo che in genere scattano, quando si tocca la produzione del famoso pittore barlettano, che riuscì a dare un’impronta “meridiana” alla corrente impressionista nata in Francia nella seconda metà dell’Ottocento. Anche a causa del danno provocato, negli anni ’60, da una galleria proprio del capoluogo pugliese, che sfornava “De Nittis” come ruote di focaccia barese.
Tutti i risultati positivi hanno spinto il quadro, di fatto, verso “l’ultimo miglio” della valutazione di critici e storici dell’Arte, per confermare oggi “La Veduta parigina (olio su tavola, cm 21x28, firmato in basso a sinistra “De Nittis”), una tavoletta inedita, ma da sempre in proprietà della famiglia Maratea, e che è stata sottoposta a tutti le analisi tecnico-scientifiche necessarie per confermare la sua indubbia autenticità. Mentre per la datazione della nostra tavoletta, che presenta un prezioso arricchimento per la conoscenza della produzione denittisiana, proporrei gli anni 1875-1876, lo stesso periodo del noto dipinto Piccadilly - Giornata invernale a Londra (1875; collezione privata) e del celebre quadro Place des Pyramides (1876), con i quali la Veduta parigina, più discreta e meno ambiziosa, dimostra tuttavia alcune affinità nella resa della vivace scena cittadina, nell’attenzione per la veduta architettonica e non per ultimo per il taglio fotografico della composizione. (Christine Farese Sperken)
Il maestro dell'impressionismo cosiddetto "meridiano", per l'originale impronta mediterranea data alla famosa corrente artistica, aveva acquisito una sorta di leadership tra i colleghi parigini, apprezzata e riconosciuta anche oltremanica, nei consessi artistici britannici.
Un accredito molto privilegiato, frutto di opere - già ben quotate all'epoca - in cui è più evidente il tratto “dinamico” di De Nittis, dove il paesaggio non è affatto statico o fotografico: perché l’autore usa sapientemente le tonalità per animarlo - a volte più degli stessi personaggi indefiniti - per scrutarne ed evidenziarne la modernità e condividerla immediatamente con lo spettatore. Diventandone a sua volta, perciò, interprete “moderno”: elegante come un parigino o un londinese, e incisivo come un autentico uomo del Sud.
Sono molti i lavori di Giuseppe De Nittis ancora ignoti alla critica, così come altri sono assenti dall'Italia da molto tempo, in particolare quelli che appartengono al ciclo delle vedute londinesi. Sono i lavori, che più di altri - secondo alcuni storici dell'Arte - al vedutismo impressionista intrecciano le suggestioni contaminanti di Turner.
E guardando ancora il quadro, che raffigura il Quai des Orfèvres con la guglia della Sainte-Chapelle e la cupola della Cancelleria (Greffe) du Tribunal de Commerce de Paris, con la Tour St. Jacques in fondo, non posso non cogliere un’ulteriore “impressione”, altrettanto elegante nel particolare tocco “meridiano”. Dove la fedeltà fotografica dell’autore si riconferma nell’uso di tonalità giallo-oro, che rimandano direttamente all’attività svolta sul lungoSenna degli Orafi, in un raffinato gioco di pennello che ne esalta artigianalità e maestria. Col fregio rosso del bolerino in primo piano, che diventa sigillo di garanzia, prim’ancora dell’inconfondibile e illustre firma d’Autore in calce.
(gelormini@gmail.com)
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Pubblicato sul tema: Giuseppe De Nittis, "Veduta parigina" (di Christine Farese Sperken)
Pubblicato in precedenza: Giuseppe De Nittis, catalogo ragionato di una ‘modernité élégante’ senza tempo
Il De Nittis di Vico Garganico Firma e materiali sono 'coevi'