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Rapporto Ue sulla libertà di informazione, Meloni accusa Repubblica, Fatto e Domani: “Strumentalizzano”. Dura replica

La premier da Pechino. "Lettera non contro l'Ue, i rapporti non stanno peggiorando"

Meloni accusa Rep, Fatto e Domani

Offensiva di Giorgia Meloni da Pechino contro i giornali Repubblica, Fatto Quotidiano e Domani. Secondo la premier i quotidiano avrebbero la colpa di aver strumentalizzato il report dell’Unione europea sullo stato di diritto che individuava alcune criticità in Italia sulla libertà di informazione e sulla giustizia. "Non vedo ripercussioni negative per l'Italia, non ritengo che i rapporti con la Commissione europea stiano peggiorando", ha detto la presidente del Consiglio parlando con i giornalisti a Pechino.

Sul rapporto sullo Stato di diritto, ha precisato, "la lettera che io ho inviato non è una risposta alla Commissione europea o a un momento di frizione con la Commissione europea, è una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l'obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione Europea". Nel rapporto "la Commissione Europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica... Però la Commissione europea non è il mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l'altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti, anche questo varrebbe la pena di ricordare".

La governance Rai, ha ribadito, "è definita da una legge del 2015 che ha fatto il governo Renzi" e "dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione, vuol dire non avere neanche rispetto dell'indipendenza dei giudici. Viene ad esempio preso in considerazione anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all'opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa".

La direzione del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, Repubblica, in un commento sul proprio sito scrive che “in modo tanto puerile quanto confuso, la presidente del Consiglio continua ad evitare di rispondere nel merito delle osservazioni sollevate dal rapporto sullo Stato di diritto dalla Commissione europea, ritenendo più utile abbandonarsi a considerazioni sul ruolo di Repubblica e, più in generale di quella parte dell'informazione italiana non politicamente arruolata. Considerazioni che tradiscono la sua idea illiberale del giornalismo e del ruolo che il giornalismo ha in una democrazia compiuta. Confermando in questa maniera le obiezioni che il rapporto di Bruxelles le ha sollevato”. “Per Giorgia Meloni - si legge ancora - un giornale non è infatti un fondamentale strumento di controllo del potere necessario, attraverso la pubblicazione di notizie e opinioni, a mettere un cittadino nelle condizioni di compiere liberamente e consapevolmente le sue scelte, ma uno stakeholder, un portatore di interessi. Ebbene, consigliamo a Giorgia Meloni di dedicarsi a fare la presidente del Consiglio, se ne è capace, cercando di non avventurarsi su terreni che evidentemente le risultano assai ostici. Quanto a Repubblica, si rassegni all'esistenza di un giornalismo di qualità, indipendente, e ricordi le parole del secolo scorso con cui un monumento del giornalismo americano, Walter Cronkite, ricordò a Richard Nixon la natura passeggera della vertigine che porta con sé il potere politico: 'I presidenti passano, i giornalisti restano'".

Fittipaldi: "Da Meloni parole pericolose, sceglie il vittimismo"

Quelle della premier Giorgia Meloni contro i quotidiani Domani, Fatto Quotidiano e Repubblica sono "parole gravi, false e soprattutto pericolose". Lo sottolinea il direttore del Domani, Emiliano Fittipaldi, in un editoriale, sottolineando che a quelle frasi "sono seguiti a ruota articoli da parte dei giornali di destra e sedicenti fogli liberali, che hanno fatto una sorta di lista di proscrizione dei colleghi (come i nostri Francesca De Benedetti e Nello Trocchia) 'colpevoli' di aver interloquito con gli osservatori di Media Freedom, che banalmente hanno cercato di capire dai diretti interessati l'origine di attacchi legali da parte di membri dell'esecutivo. Attacchi che - spiega Media Freedom - hanno portato 'a un declino della libertà di stampa negli ultimi due anni'. Per la cronaca, nessun membro del governo - nonostante richieste e sollecitazioni - ha voluto incontrare gli emissari europei". "Meloni, invece di entrare nel merito della gestione della Rai e relative censure e propagande, invece di spiegare come mai inchieste e articoli vengono sistematicamente querelati da ministri e sottosegretari (con le procure della Repubblica che - su indicazioni del potere politico - lavorano addirittura a individuare le fonti dei giornalisti, che per il Media Freedom Act dovrebbero essere protette dalle autorità nazionali), ha scelto la sua arma preferita: quella del vittimismo - sottolinea ancora Fittipaldi -. Provando, per l'ennesima volta, a delegittimare chi continua a fare il proprio dovere e che non accetta l'appeasement che Palazzo Chigi, evidentemente, si aspetta dal quarto potere. Definire Domani e le altre due testate 'portatori d'interesse' serve esattamente a questo: screditare chi prova a fare informazione libera, facendo credere alla pubblica opinione che le notizie su uno dei peggiori governi della nostra repubblica non siano frutto di attività autonoma, ma che la critica sia sottomessa a chissà quali interessi opachi. Certamente di parte". "La cappa calata sui media nazionali è invece realtà evidente a chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale - sottolinea ancora Fittipaldi -. Ci si aspetterebbe da un capo di governo maggiore responsabilità di fronte alle critiche di Bruxelles, soprattutto dopo quanto accaduto con l'aggressione al cronista della Stampa Joly da parte di Casa Pound e le demenziali parole del presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha attaccato il comportamento del reporter massacrato dai fascisti. Ahi noi Meloni ha scelto invece la strada del complottismo, fregandosene altamente anche del monito di Mattarella. Ai nostri lettori promettiamo solo una cosa: di continuare a fare il nostro lavoro. Perché è vero che siamo portatori di interesse. Ma di uno solo: il loro".

Travaglio a Meloni, 'rispondiamo solo all'interesse dei lettori'

"Sono felice che le istituzioni europee si preoccupino della libertà di informazione in Italia. Penso che la libertà di stampa fosse più minacciata ai tempi di Renzi e di Draghi, oltreché di Berlusconi. Infatti allora non ne parlava nessuno". Lo dice all’Ansa, il direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio, rispondendo alle parole della premier Giorgia Meloni sulla libertà di stampa. "Quanto a Giorgia Meloni - aggiunge - non posso credere che sia incorsa in una gaffe così gigantesca, perché i giornali che ha elencato non sono citati nel rapporto della Commissione europea, ma nel Media Freedom Rapid Response, che è uno dei tanti consorzi europei. Siccome però dice che Il Fatto Quotidiano è portatore di interessi, lo confermo: l'unico interesse che portiamo è quello dei nostri lettori ad essere informati".