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Se guidate dopo aver bevuto la vostra foto potrebbe essere postata su Facebook
Negli Usa polizia pubblica foto degli automobilisti in sospetto stato di ebbrezza.Gogna online senza privacy anche per chi è coinvolto in reati di prostituzione
Attenzione ad alzare troppo il gomito prima di mettervi alla guida, e non solo per il pericolo di incidenti o per evitare che vi ritirino la patente, ma anche perchè le vostre foto potrebbero essere esposte alla gogna mediatica su Facebook.
Prevede proprio questo il provvedimento adottato dalla polizia della contea di Dodge nel Wisconsin, che a partire dal 31 agosto pubblicherà sul social netwok le foto segnaletiche degli automobilisti fermati con il sospetto di guidare in stato di ebbrezza.
Anche se una notizia del genere potrà suonare per molti come una novità inaudita, in realtà quella di Dodge non è affatto la prima autorità di polizia che adotta una misura simile, infatti già nel 2014 i dipartimenti di polizia di Flint nel Michigan, e quello Fresno in California avevano annunciato che avrebbero postato sui social addirittura le foto delle persone accusate di essere coinvolte in reati riguardanti la prostituzione.
E anche se non se ne sente parlare tanto, sembra proprio che la punizione dello svergognamento in rete da parte delle autorità stia prendendo campo in diverse parti del mondo, infatti si tratta di una pratica abbastanza comune in Canada e Australia, e anche nel Regno Unito numerose forze di polizia, tra cui quelle di Londra, Manchester, Yorkshire, Northamptonshire, Sussex e Surrey, hanno iniziato a utilizzare Twitter per postare online le foto delle persone accusate di aver guidato superando il tasso alcolemico consentito dalla legge.
Benché l'esposizione alla gogna mediatica potrebbe sembrare un'efficace misura repressiva da importare anche in Italia, c'è però da considerare anche il rovescio della medaglia, perché nella maggioranza dei casi le foto che vengono postate sui social sono di persone arrestate con il sospetto di aver commesso un presunto reato, ma che ancora non sono neanche comparse in tribunale, e secondo le statistiche negli Stati Uniti il 32% dei processi finisce con un'assoluzione, e pure nel Regno Unito c'è un 13% di imputati che poi il giudice dichiara non colpevoli.
E anche la privacy, insieme agli altri diritti fondamentali e alla dignità dell'individuo, rischiano di essere trascurati (se non calpestati), perché se è vero che a seguito di un' eventuale assoluzione o comunque dopo un certo tempo le forze di polizia provvedono a rimuovere le foto degli incriminati dai social, è pur vero che il web non dimentica niente, e negli Usa è sorta pure una piccola industria di siti web come www.mugshots.com, che archiviano immagini e informazioni di sospetti criminali per trarne profitto, e dai quali riuscire ad ottenere la cancellazione delle foto può essere complesso e oneroso, dato che per soddisfare le richieste degli interessati tali siti si fanno generalmente pagare una commissione.
Senza contare poi che ci sono anche siti che sono gigantechi "magazzini di dati" come web.archive.org, i quali permettono di andare a ritroso negli anni ricercando file e immagini che sono state pubblicate su internet per un certo periodo, ed esercitare il diritto all'oblio per chiedere la cancellazione delle proprie immagini a organizzazioni che hanno sede oltreoceano o in nazioni che non tutelano la privacy come in Europa può risultare un'impresa non da poco.
Merita una riflessione su quanto potrebbe essere alto il prezzo da pagare per gli imputati poi scagionati, (ma anche per coloro che da colpevoli hanno già pagato i loro errori scontando la pena), le cui imbarazzanti foto siano rintracciabili online da potenziali datori di lavoro che stanno valutando di assumerli, o anche da chi non sa proprio tutto del passato del proprio partner.
Anche se negli ultimi tempi molti Stati stanno riconoscendo la necessità di introdurre specifiche leggi sulla protezione dei dati personali sulla scia di quanto è stato fatto in Europa con il Gdpr, è però evidente che di strada da fare ce n'è ancora tanta.
Nel frattempo, se vi dovete recare in vacanza all'estero, per evitare di rimanere vittime di una gogna mediatica, forse è meglio informarsi preventivamente se e in quali casi le norme locali prevedono che le autorità pubblichino le vostro foto sui social.
Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy - @Nicola_Bernardi