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Se paziente è testimone di Geova e medico lo dice su Facebook viola la privacy
Postando sul social indizi apparentemente banali, un medico campano ha violato privacy e segreto professionale rivelando dati su salute e credo religioso
In pochi anni internet ha rivoluzionato le abitudini ed i modi di comunicare delle persone, e pare proprio che ultimamente la social-mania abbia contagiato anche i medici. Ma quello che per molti è un normale svago diventa una questione delicata quando l'utente è un professionista a cui le norme deontologiche impongono di"mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività".
L'uso improprio dei social network è infatti un fenomeno sempre più diffuso che sta dando qualche grattacapo al Ministero della Salute, che già nel 2017 spinse la Federazione Nazionale dell’Ordine dei medici a recapitare una lettera di monito a tutti i professionisti iscritti all'albo invitandoli a ponderare l’uso che fanno degli strumenti social, ricordando loro che ai sensi dell'art. 11 del Codice Deontologico sono tenuti al "rispetto della riservatezza, in particolare dei dati inerenti alla salute e alla vita sessuale".
E' emblematico il caso del primario della Chirurgia Generale dell'Ospedale AGP di Piedimonte Matese, che recentemente ha sbandierato su Facebook sia dati riguardanti la salute di una donna che il suo credo religioso, scrivendo sul suo profilo:"Oggi sono triste e contemporaneamente inc....to nero. Una paziente è venuta meno nel mio reparto perché ha rifiutato una trasfusione di sangue. Era testimone di Geova. L'avrei salvata al 100% ma ha rifiutato ed è morta".
Omettendo di riportare il nome, forse il Dott. Gianfausto Iarrobino ha pensato che ciò bastasse a mantenere l'anonimato della persona a cui faceva riferimento nel suo post, ma quando si tratta di tutelare la privacy non sempre vale la regola di "dire il peccato ma non il peccatore", ed egli non ha probabilmente tenuto conto che ai sensi dell'art.4 del Gdpr i dati personali tutelati dalla legge sono "qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile...direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale".
E fornendo una serie di indizi apparentemente banali come il sesso, la data e il luogo del decesso di una paziente di una piccola località della provincia di Caserta che conta appena 10mila anime, (in cui raramente muoiono due persone nello stesso giorno), ogni curioso del posto che leggeva le partecipazioni affisse in paese poteva così venire a conoscenza non solo di informazioni sul credo religioso della donna, ma anche di dettagli riservarti riguardanti le vicende ospedaliere.
Nondimeno, il perimetro di questa violazione si è esteso ben oltre i confini del comune di Piedimonte Matese, perchè se i medici si sono modernizzati le imprese funebri non sono da meno, e sono quasi tutte dotate di propri siti web e profili Facebook in cui pubblicano regolarmente necrologi online con i nomi dei defunti ed altri dettagli, che ricollegati in questo caso al post del medico campano rendono pubblici e conoscibili da chiunque i dati sensibili della paziente.
Se può consolare, ultimamente le autorità per la privacy europee hanno iniziato a intervenire per tutelare i pazienti che subiscono una diffusione impropria dei loro dati personali da parte di medici.
Ad esempio, di recente il Garante di Cipro ha fatto una multa di 14.000 euro ad un chirurgo che aveva postato su Instagram un video che aveva realizzato con il suo telefonino ad una persona che era ricoverata per sottoporsi ad un intervento di rinoplastica. Pensando che il filmato dimostrativo del "prima" e "dopo" l'operazione servisse solo per finalità scientifiche e di ricerca, il paziente non immaginava però che il suo volto riconoscibile sarebbe stato postato a scopi pubblicitari attraverso il profilo ufficiale della clinica, che peraltro aveva 4.000 follower, e per questo, anche se il videoclip non riportava il nome dell'interessato, il Garante della privacy cipriota non ha esitato a sanzionare il medico.
Che l'uso dei social da parte dei medici come megafono per esternare tutto quello che avviene all'interno di cliniche ed ospedali sia diventato un problema di vasta portata, lo dimostra il fatto che nell'arco degli ultimi 5 anni, oltre 1.200 dipendenti del Servizio Sanitario Inglese (NHS) hanno ricevuto provvedimenti disciplinari a causa dell’uso improprio dei social media, e almeno 65 di questi sono stati licenziati per aver condiviso online informazioni riservate sui pazienti.
Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy - @Nicola_Bernardi