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Calcio e ultras: coi violenti non servono leggi speciali, ma volontà politica
Più che di daspo e trasferte vietate, bisognerebbe parlare del "modello inglese" e, dopo trent'anni di chiacchere inutili, applicarlo finalmente anche in Italia
Sconfiggere i tifosi violenti per salvare il calcio: ecco come ci è riuscita l'Inghilterra
Prima l'omicidio dell'ultrà interista Vittorio Boiocchi, poi gli scontri in autostrada tra pseudotifosi di Napoli e Roma, e, nel mezzo, i cori razzisti delle curve che continuano a fare affari poco limpidi, spesso ricattando le squadre “del cuore”. È l'ennesima stagione difficile per il calcio italiano e puntualmente, si torna a parlare di leggi speciali, blocco delle trasferte e daspo a vita, con la piccola postilla che fu proprio Salvini, da ministro dell’Interno, a introdurre un massimo di dieci anni per quest'ultimo tipo di sanzione. Si invoca il pugno di ferro e poi i fermati per le violenze sull’A1 vengono liberati a tempo di record. Un bel casino. Scommettiamo che anche questa volta il problema resterà irrisolto?
Eppure, per salvare il calcio dalla piaga dalla violenza e rilanciare un campionato di discutibile livello tecnico non servirebbero innovazioni impensabili, ma un po’ di buon senso. La stessa volontà politica che ha portato a concedere la spalmatura dei debiti ai club professionistici, mentre cittadini e imprenditori sono letteralmente alla canna del gas, basterebbe per fare la cosa più ovvia: copiare dagli inglesi, che il problema lo hanno risolto trent’anni fa.
Il 1992 fu un anno cruciale di questa transizione, perché allora il campionato italiano era il più bello del mondo e quello inglese si avviava a un cambiamento epocale. Paul Gascoigne si era appena trasferito alla Lazio e la stagione 1992/93 segnò il debutto su Channel 4 della mitica trasmissione “Gazzetta Football Italia”, condotta da James Richardson, abbinata alla rivista cartacea “Football Italia”, in seguito rinominata “Calcio Italia”. Ai tempi tutti i migliori giocatori del mondo giocavano nella nostra Serie A, dalla A di Tino Asprilla (Parma) alla Z di Zinedine Zidane (Juventus). Partito negli anni ’80, con gli arrivi di Platini, Maradona, Zico, Falcao, Matthaeus, Gullit e Van Basten, nei successivi anni ’90 il dominio delle squadre italiane sul calcio europeo si tradusse nella conquista di 13 trofei continentali, con 25 squadre in finale. Negli anni ’80 la Juventus completò la vittoria di tutte le coppe internazionali dell’epoca (prima squadra al mondo a riuscirci), per poi lasciare campo al regno del Milan di Sacchi. Nel 1990, prima del mondiale giocato proprio in Italia, le nostre squadre conquistarono tutte le coppe europee: al Milan la Coppa dei Campioni (seconda consecutiva), alla Samp di Vialli e Mancini la Coppa delle Coppe e alla Juventus la Coppa Uefa, dopo la finale-derby contro la Fiorentina di Baggio.
Un dominio assoluto, favorito anche dal fatto che le squadre inglesi, prima molto temibili, erano state messe al bando dalla Uefa, dopo la strage che il 29 maggio 1985 funestò la finale di Coppa dei Campioni all'Heysel tra Juventus e Liverpool, con 39 morti. Quella tragedia segnò un’epoca, unitamente al nuovo massacro avvenuto nel 1989 a Hillsborough, quando nella semifinale di F.A. Cup tra Liverpool e Nottingham Forest si registrano ben 96 morti. Quest'ultima fu la più grave mattanza nella storia del calcio inglese, che però da quel giorno è cambiato radicalmente grazie all’autentica rivoluzione voluta dall’allora Premier Margaret Thatcher, attraverso il Rapporto Taylor. I contenuti della riforma vengono spesso riassunti con la formula “modello inglese” e da ben trent’anni a ogni incidente negli stadi italiani si straparla della necessità di imitarlo. Niente è ancora successo e la sensazione è che in fondo non lo si sia nemmeno ben capito, nonostante i vari tentativi di spiegazione fatti (anche) su questo giornale. Qui comunque trovate tutto:
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Giustamente, trent'anni fa gli inglesi guardavano con invidia la bellezza della serie A italiana, ma nel contempo facevano anche qualcosa di molto concreto per invertire la tendenza. E infatti oggi siamo noi ad ammirare estasiati la qualità tecnica e la solidità economica del loro campionato. La stagione 1992/93, oltre a quello di “Gazzetta Football Italia” segnò il debutto della Premier League, il nuovo formato della massima serie d’Oltremanica.