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Tra nodi legali, politici ed economici: il calcio italiano all'ultimo stadio
L'Udinese minaccia di lasciare la Dacia Arena dopo i rilievi dell'Anac, mentre a Roma e Milano regna l'incertezza. La maggior parte degli impianti è obsoleta
Piccoli club crescono, con gli stadi di proprietà
La maggior parte degli impianti calcistici italiani è di proprietà delle rispettive amministrazioni comunali o comunque di enti pubblici (lo è anche il CONI, titolare dell’Olimpico di Roma). Gli stadi di proprietà dei club si contano ancora sulle dita di una mano: oltre a quelli di Juventus e Udinese ci sono il Gewiss Stadium (Atalanta), il Mapei Stadium (Sassuolo) e il Benito Stirpe (Frosinone). Lo stadio di Bergamo è cresciuto insieme al blasone della squadra, ormai da qualche stagione al vertice del campionato e protagonista anche in Champions League. Per realizzarlo, l’Atalanta ha acquistato dal Comune il vecchio Atleti Azzurri e lo ha gradualmente ristrutturato, facendone un gioiellino da 21.300 posti che fa la sua degnissima figura anche nelle grandi notti europee. Lo stadio del Sassuolo non sorge nell’omonima cittadina emiliana, ma nella vicina Reggio Emilia. Nel 2013 la Mapei, che controlla anche il club neroverde, ha acquistato il vecchio Giglio, che cadeva un po’ in disgrazia anche per via delle difficoltà della Reggiana, molto lontana dagli anni d’oro della Serie A. Non a caso, il Sassuolo è oggi un’altra delle realtà in maggiore ascesa del nostro calcio. Si sta facendo onore anche il Frosinone, seppure senza ambizioni europee, ma con qualche significativa esperienza nella massima serie. Certamente gli va riconosciuto il merito di aver preso un impianto che per decenni era una tipica opera incompiuta all’italiana e di averlo portato nel 2017 alla candidatura al premio Stadium of the Year, unico impianto italiano tra quelli in gara.
Tra progetti e stranezze all’italiana
Cosa bolle in pentola nel resto d’Italia? La situazione più calda sul fronte-stadi è quella di Firenze, dove il Sindaco Nardella ha ottenuto che il Recovery Plan includesse il finanziamento per i lavori del nuovo Artemio Franchi, sul quale il Comune a breve emetterà un bando per la progettazione. Inaugurata nel 1931, la casa della Fiorentina è stata rimodernata per l’ultima volta in occasione di Italia ’90, evento caratterizzato da diversi interventi sugli stadi, alcuni anche decisamente contestati. Risalgono invece al 2019 gli ultimi interventi (anch’essi discussi) sul San Paolo di Napoli, ribattezzato in fretta e furia Diego Armando Maradona come giusto omaggio alla memoria del campione prematuramente scomparso. Sono invece fermi al fatidico mondiale ’90 gli ammodernamenti sugli stadi di Genova (inaugurato nel 1911), Bologna (1927) e Verona (1963). La situazione più curiosa riguarda il Cagliari, che dall’inizio dello scorso decennio ha avuto diverse vicissitudini. Lasciato il Sant’Elia perché ormai obsoleto, i rossoblù sono emigrati all’Is Arenas di Quartu Sant'Elena, ma, nonostante l’ampliamento con delle tribune provvisorie in tubolari d'acciaio, lo stadio è stato dichiarato inagibile, con annessi strascichi giudiziari. A quel punto, nell’attesa di procedere con l’abbattimento e la ricostruzione del Sant’Elia, si optò per una soluzione curiosa: costruire un nuovo impianto provvisorio nello spazio del parcheggio. Nacque così la Sardegna Arena, dove gli isolani tuttora giocano in attesa di sviluppi. Ma in Italia quando si tratta di stadi il rischio è sempre dietro l’angolo: tra inchieste e difficoltà economiche, che per via del Covid-19 si sono notevolmente acuite, c’è sempre un buon motivo per fermare i cantieri a tempo indeterminato.
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