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Di Luca: "Dopato per 16 anni come tutti. Noi ciclisti siamo delle bestie"
'Bestie da Vittoria', la biografia di Danilo Di Luca parla di doping in modo molto crudo. Ecco le parole del killer di Spoltore




'Bestie da Vittoria', la biografia di Danilo Di Luca non è ancora uscita (questione di ore) e già provoca un terremoto nel mondo del ciclismo. Il killer di Spoltore - trovato positivo due volte per doping (2009 e 2013) - racconta senza tanti giri di parole. "Se non mi fossi dopato non avrei mai vinto. Non mi pento di niente. Ho mentito, ho tradito, ho fatto quello che dovevo fare per arrivare primo. Nel ciclismo tutti sanno la verità, ma la verità è inaccettabile".
L'ex vincitore del Giro d'Italia (ma anche di grandi classiche) racconta 16 anni di pratiche dopanti: "Nel 1997, al terzo anno da dilettante, inizio con la farmacia. Inizio a doparmi seriamente nel 2001 al terzo anno da professionista. Mi procuro tutto coi mercati paralleli. Diventiamo come animali, come bestie. Non siamo eroi, siamo dei pazzi scatenati. Per un ciclista l'importante è vincere, non pensi mai che ti possono beccare, che ti puoi ammalare".
Di Luca spiega: "I velocisti prendono la nitroglicerina in pastiglie per fare delle sfiammate supersoniche negli ultimi tre chilometri. La sciolgono sotto la lingua prima della volata. Tornano nuovi. Quando i direttori sportivi dicono 'non so niente', mentono. L'ambiente non ti obbliga a doparti, ti sollecita, il campione crea un indotto che dà da mangiare a un sacco di famiglie".
Nel 2013 venne trovato positivo al Giro d'Italia. Oggi spiega come mai fu beccato: "Scopro che hanno modificato il sistema di rilevare la presenza di Epo nel sangue fino a 24 ore dopo l'assunzione. Io l'avevo fatta alle 11 di sera. Con 500 unità, i tempi di rintracciabilità sono dalle 3 alle 6 ore, ero tranquillo, sarei risultato pulito anche se fossero venuti al mattino. Ma i miei calcoli non sono serviti a niente. Quindici anni fa, qualcuno arrivava a farsi anche 4.000 unità al giorno. Una follia. I ciclisti sono degli eccellenti infermieri".
Di Luca è molto duro nel racconto del mondo del ciclismo: "L'assunzione di sostanze illegali porta la menzogna: mentiamo alla famiglia, alle mogli, ai giornalisti, ai massaggiatori, ai meccanici, perfino ai nostri colleghi. Ogni ciclista sa che tutti si dopano eppure nessuno parla e qualcuno sostiene pure di andare 'a pane e acqua'. Mentire diventa naturale come respirare. La verità è che tutti si dopano e che tutti lo rifarebbero".