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Fausto Coppi, intervista al figlio Faustino: "Papà ucciso dalla negligenza"

di Mirko Crocoli

La toccante intervista ad Angelo "Faustino" Coppi, figlio del campione di ciclismo, 5 volte medaglia d'oro al giro d'Italia, Fausto

Fausto Coppi, intervista al figlio "Faustino": il ricordo del leggendario papà campione del ciclismo italiano e formidabile atleta

5 Giri d’Italia, 2 Tour de France, 3 Milano-Sanremo, 5 Giri di Lombardia, “mondiali” su pista e inseguimento, Parigi-Roubaix, Freccia Vallone. Un padre una leggenda! Ce lo racconta in presa diretta, senza filtri e in un incontro ai limite della commozione, Angelo Fausto Coppi detto “Faustino”, nato a Buenos Aires il 13 maggio 1955, figlio del Campionissimo di Castellania (AL) scomparso prematuramente il 2 gennaio 1960 a Tortona e di sua moglie Giulia Occhini (23/07/22 – 6/01/93). Coppi Junior (oggi operante nel settore dell’edilizia industriale), vera e propria goccia d’acqua di suo papà, nonostante d’indole estremamente riservato, non si è voluto sottrarre ad alcuna domanda riguardante il passato; dai primi ricordi di un padre amorevole all’affetto sconfinato di una madre che – testualmente – “E’ stata faro e punto di riferimento per tutta la mia vita”.                                                                 

Fausto, inutile qui e ora rammemorare chi è stato il mito di suo padre a livello sportivo. Le biografie parlano da sole. Piuttosto, ci dica se ha lei qualche ricordo nitido (personale) di lui?   

Non avevo compiuto 5 anni quando è morto, ma alcuni flash sono ancora chiari. Principalmente in ambito casalingo, privato, il cosiddetto quotidiano. Mi svegliavo al mattino, scendevo e lo trovavo a fare colazione davanti ad una tavola imbandita. Poco dopo partiva per gli allenamenti, non prima di aver incamerato le necessarie energie. Non posso dimenticare anche quando mi ha insegnato a stare sulla bici in equilibro, senza rotelle, nel giardino di casa. Ma soprattutto mi è nitido il momento in cui se ne è andato per l’ultima volta, lo vennero a prendere con l’ambulanza per portarlo in Ospedale. Non tantissimi, ma quei pochi ricordi sono ben definiti.

Del viaggio in Africa?

No, quello no, ma quando è uscito per l’ultima volta di casa sì. Quando è tornato dalla caccia stava bene, tant’è che il pranzo di Natale lo abbiamo fatto assieme. Più che altro è qualche giorno dopo, quando si è ammalato, sentiva dolore alle gambe e ai muscoli. Ho ancora il suo ultimo saluto davanti agli occhi, era sulla barella per essere trasportato al Nosocomio di Tortona. Lucidissimo, stava bene, sembrava una banale influenza, poi purtroppo la malattia lo ha ucciso. Non venne riconosciuta, la scambiarono per broncopolmonite, gli diedero il cortisone ma non fece altro che abbassargli le difese immunitarie. Fu un errore gravissimo. Non capirono che aveva la malaria e non gli fecero nemmeno le analisi del sangue. Ad una persona che torna da quei posti è la prima cosa che dovrebbe venire in mente. Una negligenza totale ed imperdonabile. Inoltre dai racconti di mia mamma molte cose mi sono giunte più evidenti col tempo. In casa vennero diversi medici, professori, esperti, ma alla fine nessuno capì cosa realmente stava logorando internamente Fausto Coppi!