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Marcell Jacobs accusato di doping, Malagò risponde: "Qualcuno non sa perdere"
Il presidente del Coni ha risposto alle accuse di doping nei confronti dell'atleta italiano mosse da alcuni media inglesi e americani
Marcell Jacbos accusato di doping dai media inglesi e americani. Il presidente del Coni Malagò: "Qualcuno non sa accettare la sconfitta"
Nelle ultime settimane c'è una certa mancanza di sportività da parte del mondo anglosassone, in particolare quando si parla dell'Italia. La vittoria nella finale dei 100 metri di Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo 2020 con l'incredibile tempo di 9"98 non è proprio andata giù a inglesi e americani, i cui atleti sono stati rispettivamenti squalificati per falsa partenza e classificati secondi. Pur di screditare la vittoria del velocista italiano, che ha preferito gareggiare per gli azzurri piuttosto che per gli USA nonostante sia nato in Texas da padre americano, da arrivare ad accusaro di doping. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha immediatamente risposto a queste infamanti affermazioni con una certa ironia.
Marcell Jacobs accusato di doping da inglesi e americani, Malagò: "Voci imbarazzanti, qualcuno non sa accettare la sconfitta"
Malagò ha così risposto nel alle accuse di doping mosse a Marcell Jacobs nel suo commento al programma Radio anch'io Sport su Radio1: "Le considerazioni di alcuni vostri colleghi sono veramente fonte di grande dispiacere e anche imbarazzo sotto tutti i punti di vista. Dispiace che qualcuno dimostri di non saper accettare la sconfitta - Oggi ha risposto bene Paolo Camossi, allenatore di Marcell. - ha proseguito il presidente del Coni - Parliamo di atleti che vengono sottoposti quotidianamente ai controlli antidoping e quando fanno un record tutto si raddoppia. Il numero dei test è impressionante. Per questo la mia è una difesa a spada tratta di Marcell”.
Le accuse dei media inglesi e americani a Marcell Jacobs
Diverse grandi testate inglesi e americane non sono state per niente delicate con Marcell Jacobs. Il Washington Post, ad esempio, non punta direttamente il dito contro all'atleta italiano, a cui "va dato il beneficio del dubbio"; quanto al movimento dell'atletica in generale, “disseminato di campioni pop-up rivelatisi imbroglioni col doping. Non è colpa sua se la storia dell'atletica leggera fa sospettare per i miglioramenti così improvvisi e così enormi". Il Daily Mirror invece ha affermato che quella di Tokyo è stata la finale dei 100 metri "di Google", alludendo al fatto che i protagonisti fossero per lo più degli sconosciuti.
Il New York Times ha poi sottolineato che 32 delle ultime 36 migliori prestazioni mondiali sui 100 metri, escludendo quelle di Bolt, sono state realizzare da velocisti poi scoperti dopati. Peccato però che per la maggior parte si trattasse di atleti statunitensi.