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Vaccini, meglio AstraZeneca o Pfizer? Nuovi dati modificano il quadro
Bellavite parla dei numeri del NEJM ma riceve disapprovazione di colleghi, allontanato dall’Ateneo. Le reazioni avverse gravi osservate dalla rivista sono il 4%
“Un effetto severo è stato osservato in circa il 4% dei destinatari di BNT162b2 (il vaccino BioNTech e Pfizer), il che è superiore a quello osservato nei destinatari di alcuni vaccini raccomandati per gli anziani”. E’ quanto scritto nello studio “Safety and Efficacy of the BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine”, pubblicato a dicembre del 2020 sul prestigioso The New England Journal of Medicine e riportato dal National Library of Medicine (NLM), la più grande biblioteca medica del mondo, creata dal governo federale degli Stati Uniti d'America.
Per “severe fatigue”, come scritto nell’articolo in inglese, cioè grave affaticamento, nel linguaggio clinico si intende come affaticamento “grave al punto da impedire le attività quotidiane” (FDA-Pfizer) oppure “clinicamente rilevante” (AIFA).
Quindi non ha detto il falso il professor Paolo Bellavite quando il 4 maggio scorso in tv, su La7 a Di Martedì condotto da Giovanni Floris, ha affermato “si parla di qualcosa come il 4% di reazioni gravi dopo la dose di vaccino. Questo significa 4.000 su 100.000. Non è 40 su 100.000, è 4.000 su 100.000. Questo si dovrebbe sapere...”, sollevando dubbi sul sistema di calcolo, passivo, delle reazioni avverse che riferiscono i media, ma ricevendo anche la disapprovazione degli altri ospiti e la reazione dell’Università di Verona che successivamente lo ha defenestrato dalla sua posizione.
Tanto meno è vero ciò che sostengono diversi media quando dicono: il rischio di trombosi del vaccino sono inferiori a quelli della pillola anticoncezionale. Non vero intanto perché non sappiamo quante siano, rispetto a tutte le reazioni avverse, le trombosi post vaccino. Ma sicuramente sappiamo che “l'incidenza riportata di tromboembolia venosa nelle utilizzatrici di contraccettivi orali è di circa 0,06%”, come pubblicato da uno studio della Canadian Medical Association Journal e riportato dal National Library of Medicine (NLM).
Lo studio del NEJM spiega anche che il vaccino di BioNTech e Pfizer “BNT162b2 ha conferito una protezione del 95% contro Covid-19 in persone di età pari o superiore a 16 anni” e che “questo set di dati e questi risultati di prova sono la base per una domanda di autorizzazione all'uso di emergenza”.
“La scommessa della sperimentazione clinica”, ha spiegato tempo fa la Fondazione Veronesi, “in tempi di emergenza sta nel fatto di non ridurre (quanto possibile) i livelli di qualità scientifica ma di migliorarne l’efficienza, attraverso principalmente un taglio drastico dei tempi di valutazione, grazie soprattutto alla semplificazione (ad esempio: un comitato etico valido per tutto il territorio nazionale piuttosto che un comitato etico per ogni centro partecipante), ad alcune deroghe giustificate dall’emergenza (ad esempio: nessun bisogno di polizza assicurativa poiché la copertura può rientrare nelle modalità di copertura assicurativa o di garanzia degli indennizzi già previsti nelle strutture del Ssn) oltre che ad alcuni aspetti scientifici”.
Si parla di “scommessa” e non credo serva spiegare qui il significato del termine. Una scommessa. Bisogna valutare se sottoporsi a tale scommessa perché vi è un'emergenza sanitaria.
La morte a Genova della 18enne Camilla Canepa, la vaccinata con AstraZeneca, ha destato molto scalpore negli italiani, al di là della fretta con la quale si cerca di contenere le reazioni al caso. A quanto risulta non sono decedute per Covid persone giovani, 18enni e minori, se non con già altre patologie pregresse.
“Forse è un lotto problematico”, si è detto subito per giustificare la morte della ragazza. Ma come si capisce prima di iniettare il vaccino alle persone quali siano i lotti problematici? O si è sentito riferire: “forse ha preso la pillola”. Ma le autorità sanitarie non avevano dato indicazioni di non prendere la pillola. E perché ci si affanna a cercare la causa in un possibile comportamento della ragazza?
C’è chi si è interrogato sul dato pubblicato dai media e ricordato dallo stesso Bellavite a Di Martedì: “nell’ultimo rapporto AIFA si parla di 40 casi di reazioni avverse gravi ogni 100.000 dosi iniettate”. Ora bisognerà comprendere se la vicenda della 18enne deceduta dopo il vaccino non debba invitare ad un approfondimento sulle reazioni avverse anche a fronte dello studio pubblicato dal The New England Journal of Medicine.
In queste ore alcune Regioni hanno lanciato un grido di allarme. La frase "raccomandato sopra ai 60 anni" usato dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, per AstraZeneca e ripreso dal Ministero della Salute in una circolare dell'8 aprile sono, per diversi governatori italiani, una formula poco chiara.
Tutte le autorità hanno comunque accelerato sulle vaccinazioni, gli open day e le adunate anche notturne (in quel caso non vale la regola del coprifuoco e dell’evitare assembramenti) ne sono un’esempio. Questo clima potrebbe aver contribuito a un uso esteso del vaccino senza valutare le raccomandazioni. Il tutto senza una comunicazione adeguata dei rischi che corrono, sia giovani che anziani, ma riducendo il tutto ad un semplice modulo da firmare, per l'assunzione di responsabilità, che in molti casi neanche si legge.
Già l’8 febbraio scorso e il 30 marzo Bellavite aveva sollevato il problema delle reazioni avverse ai vaccini e informato Aifa ed Ema per un suo studio dove spiegava come si stavano scatenando gli effetti collaterali. “Ho allertato tutti i centri di farmacovigilanza italiani”, aveva detto ad Affaritaliani.it, “ho mandato una mail a 250 medici. Io non voglio fare un discorso contro i vaccini, non è giusto. Bisogna fare un discorso di informazione. Le persone devono sapere”.