Zalone e il suo Quo vado? "Come Renzi, entrambi non hanno avuto grande concorrenza". Lo spiega il sociologo Domenico De Masi ad Affaritaliani.it. "Checco è bravo, ma innocuo". Tratta dell'italiano medio e del problema del lavoro, ma "non scalfisce la realtà. Nessun paragone con Fantozzi che fu cosa epocale. Infatti...". LEGGI L'INTERVISTA
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di Virginia Perini
Hanno scelto di spendere parole per lui le persone più disparate, da Adriano Celentano che sul Corriere della Sera non ha avuto difficoltà ad ammettere una profonda curiosità verso il comico che in soli due giorni ha totalizzato 14 milioni di euro, al politologo Massimiliano Panarari che su La stampa dedica una lunga e ricca analisi del fenomeno, scomodando persino il grande filosofo dell'assolutismo monarchico, Thomas Hobbes e sostenendo che dietro a Quo Vado, il film comico che ha "distrutto" Star Wars al botteghino, si cela "la Grande Paura dei nostri tempi turbolenti, fra terrorismo, migrazioni epocali e un’economia ingovernabile". Poi anche Il Foglio gli ha dedicato ampie riflessioni ma soprattutto Matteo Renzi che proprio per Checco Zalone ha preso una pausa dagli impegni politici e, dopo essere andato a vederlo al cinema di Courmayeur con la famiglia, su tutte le agenzie di stampa ha profuso elogi infiniti: "Ho riso dall'inizio alla fine, i miei figli lo adorano e conoscono a memoria tutte le battute dei suoi film", non lasciandosi sfuggire l'occasione per attaccare i vecchi intellettuali di sinistra: "Sorrido di fronte a certi cambi atteggiamento: fino a ieri era un reietto volgare, snobbato da certi intellettuali. I professionisti del radical-chic, che ora lo osannano dopo averlo ignorato o detestato". E non finisce qui. Mentre da Fazio, per la presentazione del film, Zalone stesso ha preso in mano la conduzione dell'intero programma, da vero protagonista, sui social network sono state spese per lui parole preziose, di stima ed entusiasmo, anche da colleghi comici come Massimo Boldi, Leonardo Pieraccioni e perfino Claudio Bisio.
Sì, Checco Zalone si rivela il vero fenomeno del momento. In realtà rappresenta un record per la storia del cinema italiano e forse, con le dovute proporzioni, anche per quella mondiale ma l'entità di questo "terremoto" non si limita alle sale. Come sempre, quando qualcosa riesce ad arrivare a un così vasto numero di persone e riesce a svettare su una produzione infinita e diversificata, non basta liquidarla con qualche complimento. Siamo di fronte a qualcosa di importante che ha a che fare con la cultura, con il pensiero, con la filosofia e forse, tirando le somme, stiamo scrivendo un paragrafo di storia. Tutti, anche gli intellettuali più integerrimi, quelli che solitamente sfidano il freddo solo per Emir Kusturika o i fratelli Cohen e che ormai guardano sospettosi perfino il super produttivo Woody Allen, hanno pagato otto euro per vedere la nuova avventura del giovane pugliese lanciato nel 2006 da Gino e Michele che, avendolo scoperto durante un provino allo Zelig, lo hanno richiamato sul palco mentre se ne stava andando per non lasciarlo mai più andare via e bloccando irrimediabilmente la sua carriera da potenziale avvocato (è laureato in Giurisprudenza). Lui, che imitava Jovanotti e Vasco talmente bene da far venire le lacrime agli occhi e che ha davvero sfondato con la canzone "Siamo una squadra fortissimi", uscita durante l'estate di calciopoli e diventata colonna sonora di quell'indimenticabile "cielo azzurro sopra Belino" oggi ha lanciato un nuovo inno, "La prima Repubblica" in cui ironizza sul posto fisso e le abitudini degli italiani lasciando alla storia il ritratto satirico di una generazione.
Ma è il momento di domandarsi perché tanto successo? Che cosa ha fatto breccia nel cuore di tutte queste persone? La bravura di un comico che vuole raccontare l'Italia dovrebbe essere quella di saper comunicare con tutti e portare al pubblico, un grande e diversificato pubblico, un ritratto tanto esasperato quanto verosimile di quello che siamo, con i nostri tic, i vizi, i problemi, i tabù, ma anche le convizioni e in fin dei conti l'anima. Quell'anima in cui ognuno può specchiarsi e riconoscersi di un Paese in cui la politica ha rovinato tutto e l'antipolitica ha fatto ancora peggio servendo un assist interessante e davvero profondo al comico pugliese che ci ha proiettati tutti nella dimensione nuova di sartriana memoria che Panarari definisce dell'anti-antipolitica. Per raccontare così l'Italia e farci ridere su, servono dei linguaggi e delle espressioni semplici ma significative che, capaci di far vibrare ogni nervo e scatenare una bella e fragorosa risata, diventino immediatamente simboli e icone di un tempo e di un Paese in quel tempo. Proprio come fa Checco, senza lasciare nessuno indifferente, nessuno che mentre guarda non si senta coinvolto nemmeno per un secondo. E se davvero lo scheletro di questa epoca è fatto di paura, ignoto e cambiamento Zalone sa comunicarlo attraverso battute semplici ma mai scurrili, trame non troppo articolate ma ben più cariche di significato rispetto a qualsiasi cinepattone, facendosi così megafono di un Paese e simbolo di un momento sociale molto particolare e per molti oscuro.
A confermare queste parole è Alessandro Alfieri, popfilosofo esperto di politica e grande fan di Zalone tanto da considerarlo uno dei cinque personaggi più intelligenti del panorama pubblico italiano. Commenta con Affaritaliani.it: "C'è qualcosa di estremamente significativo e unico nel fenomeno Checco Zalone. A mio avviso, il suo successo coincide con la sua bravura nel sintonizzarsi con la nostra contemporaneità in maniera cruda, netta, senza edulcoranti di natura morale, politica o sentimentale e rendercela in tutto il suo potenziale comico. Si tratta di una capacità di pochi, anzi pochissimi, e testimonia un livello di intelligenza non comune. Per dirla con filosofia, lui rappresenta con semplicità ed efficacia il reale e lo fa in modo che capiscano tutti e tutti vengano coinvolti. Nella realtà dell'esperienza, nella quotidianità di tutti i giorni, chi siamo noi italiani? Siamo forse gli scalmanati depravati dei cinepanettoni? No, o meglio, forse siamo altrettanto arrivisti, volgari, ipocriti, ignoranti, ma invece che trasfigurati in una giostra demenziale i nostri limiti vengono resi esilaranti da Zalone perché sa preservarli autentici. Per mezzo del cinismo, ovvero la cifra che caratterizza tutta la cultura del contemporaneo, Checco Zalone fa del politicamente scorretto il vero profilo dell'italiano d'oggi".