"Zalone come Renzi, non ha concorrenza. Non paragonatelo a Fantozzi"
Di Giordano Brega
“Checco Zalone re del box office? Intanto in questi giorni non ci sono grandi pellicole in sala a parte ‘Il ponte delle spie’ e la riedizione di ‘Star Wars’. Il film di Woody Allen poi è un fallimento totale, noioso”. Il sociologo Domenico De Masi racconta ad Affaritaliani.it le ragioni del fenomeno Zalone. Re degli incassi (14 milioni in due giorni è un vero e proprio record storico) e comico che ha colpito finendo dritto nel cuore degli italiani. “Zalone è un po’ come Renzi…”, aggiunge.
Zalone come Renzi?
“Nel senso che, come per il premier in politica non ha concorrenza. Per quando riguarda Renzi, quando non c’è Berlusconi dall’altro lato è facile avere il primato… Ecco entrambi hanno quasi una mancanza di concorrenza in questo momento. Poi preciso una cosa...”
Dica…
“Zalone è bravo, non sto dicendo che non lo sia. Ma questi 7 milioni di incasso al giorno si spiegano con una serie di concause, tra cui l’assenza di concorrenza”.
Al di là dell’assenza di concorrenza.
“Zalone è innocuo”.
In che senso?
“Tratta problemi in un modo in cui alla fine i problemi restano esattamente come prima. Non scalfisce minimamente la realtà. Non siamo nemmeno ai livelli di Alberto Sordi e della sua immagine critica dell’italiano. I personaggi di Zalone sono tutti ‘assolti’…”
Zalone però, soprattutto in questo ultimo film, fa una satira sociale sul posto fisso e sull’italiano medio...
“Certo, ma lo fa da ‘analfabeta’ dell’economia. Su un tema ‘scontato’. Il problema della disoccupazione è legato alla tecnologia. Con l’avanzare di essa è cresciuta la disoccupazione. Bisogna trovare un nuovo modo di distribuire la ricchezza, visto che a produrre ci pensano le macchine. Ma, tornando al ‘Quo vado’, il film non suscita un dibattito sul posto fisso. Suscita un dibattito su Zalone. E’ una cosa completamente diversa”.
Però gli italiani ‘credono’ in Zalone…
“Gli italiani non credono in nulla. Si figuri se credono in Zalone. Credono in ciò che gli fa fare una grande risata, il più innocua possibile”.
Non vede assonanze tra il film di Checco e il Fantozzi degli anni ’70?
“No, no, no. Fantozzi poneva un problema reale”
Quale?
“Spiegò che lo sfruttamento stava passando dall’operaio all’impiegato. La grande narrazione dello sfruttamento da 150 anni riguardava l’operaio. Ecco, Villaggio con Fantozzi è il primo che sposta questa analisi. Sia pure in modo comico, ma con comicità amarissima nella quale tutti gli impiegati uscivano distrutti. Fino a quel momento l’impiegato era considerato un privilegiato. Fu una cosa epocale, strepitosa. Le dico di più…”
Prego…
“Noi in sociologia lo abbiamo fatto dopo di lui. Prima dei film di Villaggio non ci sono stati libri sullo sfruttamento dell’impiegato. Esistevano libri che descrivevano la sua vita. Fantozzi è stato un precorritore. Zalone non precorre nulla”