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Affari Europei
Difesa comune, ecco perché sarà Parigi a guidare l'Europa
Difesa comune Ue, c'é l'accordo tra gli stati

L'appello congiunto dei ministri della Difesa di Italia, Francia, Spagna e Germania per una politica di sicurezza europea comune non arriva in un momento casuale, come ha dimostrato del resto nei giorni scorsi il rafforzamento delle iniziative di cooperazione militare tra Berlino e Parigi.

Senza la Gran Bretagna difesa comune piú vicina

Senza Londra, che si era sempre messa di traverso, e' diventato finalmente possibile realizzare una maggiore integrazione in un settore dove gli equilibri tra Stati europei non riflettono quelli economici. Se si considerano le risorse in campo, appare evidente che l'Unione della Difesa vedra' in prima linea la Francia seguita dall'Italia, che puo' contare su un numero di effettivi ben superiore a quello della Germania.

Francia, Italia e Germania uniti per una Difesa comune

L'accelerazione impressa al progetto di un sistema di difesa congiunto europeo e', finora, la conseguenza piu' diretta del referendum che ha sancito l'addio alla Ue del Regno Unito. A riconoscerlo fu, lo scorso 8 settembre, la stessa responsabile per la politica estera e la sicurezza di Bruxelles, Federica Mogherini, la quale affermo' che "per la prima volta dopo il fallimento della Ced, nel 1954, credo che si sia aperta una finestra di opportunita' per dare vita ad una Difesa europea". Le tre maggiori potenze della Ue del post-Brexit condividono tutte la convinzione che la rottura con Londra sia, su questo fronte, un'occasione da non perdere. La condivide la Germania, che sta aumentando notevolmente gli investimenti in difesa. La condivide la Francia, da sempre il grande paese Ue con la vocazione piu' "integrazionista". E la condivide l'Italia, che desidera maggiore collaborazione nella gestione della crisi dei rifugiati e nel contenimento di una minaccia terroristica ormai affacciatasi sulle coste del Mediterraneo.

La Nato teme un ridimensionamento del suo ruolo nel Vecchio Continente

Londra aveva fatto saltare tutti i passati tentativi di integrazione militare in virtu' della speciale relazione con gli Usa e del conseguente timore di un ridimensionamento della Nato. Non e' un caso che lo scorso 8 luglio, poco tempo dopo la consultazione britannica, il segretario generale dell'alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, avesse voluto sottolineare i "progressi" della cooperazione tra Nato e Ue e la necessita' di portarla "a un altro livello".

Pochi giorni dopo un elevato funzionario della Nato, in forma anonima, fu molto piu' esplicito ai microfoni del quotidiano norvegese 'Aftenposten'. "L'ultima cosa della quale l'Europa ha bisogno ora e' alterare le sue strutture di sicurezza di base", aveva affermato la fonte, "nello scenario peggiore, cio' potrebbe condurre alla rinazionalizzazione della politica di sicurezza e all'indebolimento della Nato".

A rimetterci dalla creazione di una Difesa Ue sarebbe in primis Londra

Nonostante sulla carta la questione non sia piu' di sua competenza, la Gran Bretagna continua a mugugnare, essendo un Paese che pagherebbe piuttosto caro un ridimensionamento della Nato. Intervistato il mese scorso dal Telegraph, Geoffrey Van Orden, responsabile dei 'tories' per la difesa, defini' tali sviluppi "preoccupanti". "Siamo tutti d'accordo che la Ue possa giocare un ruolo utile nella prevenzione dei conflitti e in alcuni aspetti civili della gestione delle crisi ma le sue ambizioni vanno oltre", aveva affermato Van Orden, "l'obiettivo della Ue non e' accrescere la forza militare ma raggiungere l'integrazione della difesa come passo chiave sulla strada di uno Stato Ue federale".

A parole, la tesi di Van Orden sembra quindi opposta a quella dei piani alti della Nato, dove si parla invece di "rinazionalizzazione" della difesa. Il concetto di base invece e' lo stesso: una politica di sicurezza europea renderebbe ancora piu' evidenti le divergenze di interessi tra i 'Big 3' di Bruxelles e gli alleati anglo-americani, rese palesi dal diverso approccio alla crisi in Ucraina. Ne e' perfettamente conscio Van Orden, che aggiunge: "La creazione di strutture di difesa europee separate dalla Nato porteranno solo a una divisione tra i partner transatlantici in un momento nel quale e' necessaria la solidarieta' di fronte alle molte, complesse e pericolose minacce alle democrazie".

Il futuro della Nato legato a doppio filo con le presidenziali Usa

Il giorno della verita' per il futuro della Nato coincidera' probabilmente con le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, il principale "azionista" dell'Alleanza Atlantica. Se il candidato democratico, Hillary Clinton, punta a mantenere, se non a rafforzare, il modello classico dell'alleanza atlantica, il repubblicano Donald Trump ha spesso espresso posizioni isolazioniste e insofferenza per l'insufficiente contributo economico versato dai partner della Nato in confronto a Washington. "Che si paghino la difesa da soli", ha tuonato piu' volte il magnate nei mesi scorsi.

Vicini alla creazione di un Fondo europeo della Difesa finanziato dalla Bei

Nei palazzi di Bruxelles sta circolando l'idea di istituire dal 2017 un "fondo europeo per la difesa", spalleggiato dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei), che garantirebbe non solo la continua disponibilita' di risorse per i progetti congiunti ma anche la possibilita' di offrire finanziamenti ai paesi con problemi di deficit che abbiano bisogno di rimodernare il proprio apparato bellico. "Abbiamo isole di cooperazione, l'idea e' quella di collegarle in un arcipelago", aveva spiegato alla Reuters un funzionario della European Defence Agency.

Non sará Berlino, ma Parigi a guidare la coalizione di Stati europei

Proprio l'obsolescenza tecnologica delle proprie dotazioni e' stata la molla che ha spinto Parigi ad approfondire le discussioni. La Francia e' sempre stata fiera della sua indipendenza in politica estera ma la minaccia terroristica interna non le consente piu', ad esempio, di mantenere contingenti importanti nelle ex colonie. E in Germania sono perfettamente consapevoli che solo un'integrazione con le forze francesi offrirebbe il necessario presupposto per una difesa comune europea. La sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale ha infatti avuto un inevitabile peso nella lenta ricostruzione dell'esercito tedesco, che oggi conta appena 60 mila effettivi, contro i 99 mila italiani e i 112 mila francesi.

Se si parla di armamenti e non di fondi economici, e' Berlino che ha bisogno di appoggiarsi agli alleati, tanto che il progetto di coordinamento della marina tedesca con quella olandese, un interessantissimo prodromo avviato nei mesi scorsi, prevede che la prima sia integrata nella seconda, non il contrario. Cosi' come la Germania non ha certo un ruolo di primo piano nel consorzio Mbda per la costruzione di missili di nuova generazione, che vede in prima fila Airbus (di cui la teutonica Daimler ha una quota), Finmeccanica e gli inglesi di Bae Systems. C'e' infine una ragione ben piu' ovvia per cui, a differenza dell'Europa dell'economia, l'Europa della difesa sarebbe a trazione piu' francese che tedesca. Con Londra fuori, la bomba atomica la avrebbe solo Parigi.

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