Petrodollari, il fondo dell’Arabia Saudita si “mangia” le imprese occidentali
Nel mirino del fondo PIF da circa 600 miliardi il miglior business dell’Occidente
Petrodollari, il fondo arabo da 600 miliardi di dollari
La Vision 2030 del principe ereditario saudita Mohamed Bin Salman, nata nel 2016, sta facendo da anni man bassa del patrimonio delle aziende occidentali. E’ a tutti evidente, emiri compresi, che la dipendenza del petrolio tenderà sempre di più a diminuire ed allora i petrolieri sauditi stanno pensando a logiche di business alternative. Un fiume di denaro che si riversa sui comparti occidentali più profittevoli e variegati, ultimo in ordine di tempo la spagnola Telefónica. Obiettivo per la fine del decennio del plurimiliardario Fondo di Investimento Pubblico (PIF), il fondo sovrano del paese è quello di aumentare gli ingressi del settore privato al PIL saudita dal 40% al 65%. L’elenco dei gruppi occidentali che, da un giorno all’altro, hanno visto entrare petrodollari a gran velocità è lunghissimo. Da tutti i grandi brand della moda italiana e francesi alle mega compagnie americane tra cui spiccano auto elettriche, la californiana Lucid Motors, la squadra di calcio inglese del Newcastle, i big dei videogiochi come Electronic Arts e Activision Blizzard. E questi sono i meno famosi perchè altri che hanno sentito il profumo del denaro saudita si chiamano Meta, Uber, Microsoft, Booking, Starbucks.
Petrodollari, nel mirino tutti i settori dall'alta tecnologia, al turismo, allo sport
Il fondo sovrano ha un patrimonio “monstre” del valore di 556,77 miliardi di euro. Un patrimonio in crescita continua. Solo dell’ultimo anno il trend è stato del 10% con la nascita di oltre 25 nuove società. Nella relazione annuale si legge che “le azioni comprendono settori ad alta tecnologia e crescita, come i videogiochi e le industrie creative in generale, nonché aziende e iniziative legate all'industria dei viaggi e del turismo in rapida espansione". Insomma più o meno tutto è nel mirino dei principe saudita. Nonostante ciò questi investimenti planetari all’estero rappresentano soltanto il 23% del portafoglio del fondo sovrano.E’ praticamente in tutte le aziende del paese. Ad esempio nella compagnia petrolifera nazionale Aramco, una tra le più grandi al mondo, è dentro con l’8%. in Saudi Telecom (STC) al 64%. STC si è rivalutata di quasi il 20% in un periodo in cui tanti operatori occidentali “soffrivano” (Orange, Vodafone e Telefonica).
Petrodollari, successi continui ma pure qualche flop
Ma anche se sembra che la stella economica dei principi del deserto non si fermi mai qualche battuta d’arresto anche i sauditi l’hanno avuta nella loro trionfale marcia verso il potere economico sull’occidente. Un flop sembrerebbe quello di Lucid Motors , il produttore di auto di lusso competitori di Elon Musk che , con risultati negativi, ha diminuito del 60% il proprio valore. E nemmeno la Svizzera porta bene perchè la Saudi National Bank, sembra aver perso oltre 1.000 milioni di euro in cinque mesi nell’acquisto di azioni del Credit Suisse poi assorbito “obtorto collo” e rapidamente dalla rivale UBS a prezzo di saldo. Ma questi flop sembrano non intaccare l’economia saudita nemmeno di un “grammo”. Secondo il Fondo monetario internazionale, l’Arabia Saudita nel 2022 è stata l’economia in più rapida crescita nel G-20, con un progresso dell’8,7% con una forte produzione petrolifera e crescita del PIL extra petrolio del 4,8%, trainata da investimenti privati e megaprogetti. E pure la guerra in Ucraina ha dato nuovo ossigeno agli Emirati che vedono ogni giorno crescere le loro ricchezze (prezzi massimi del barile a 90 dollari) tanto da provare pure a “rubare” agli occidentali la bellezza dello sport continentale, il calcio, coprendo di danari i più grandi campioni. Ed ora stanno portando via pure i medici. Dove arriveremo?