Tim, Labriola sulle Tlc: “Troppi cinque operatori mobili, fare ordine"
Il debito lordo a 32 miliardi costringe l’azienda a scelte difficili: ma intanto i manager iniziano a preoccuparsi del loro futuro
Tim, Cadoret si dimette: ecco perché
Il consigliere di Tim Frank Cadoret ha rassegnato nella serata del 16 novembre le dimissioni dal board dell’azienda. Una scelta che non dovrebbe destare troppo stupore, si tratta di una decisione personale che ha coinvolto anche Vivendi, nel cui consiglio sedeva. Solo che si tratta del secondo addio al cda di Tim nel giro di poche settimane, dopo quello di Luca De Meo – amministratore delegato di Renault – e la domanda sorge spontanea: come mai? Una nota ufficiale del gruppo parla di “motivazioni personali” dietro alla scelta di Cadoret.
Ma il tempismo rimane singolare. Che il debito lordo dell’azienda, giunto a 32 miliardi, rappresenti un gravame importante è risaputo. Gli istituti di credito che hanno maggiori esposizioni con Tim – a quanto risulta ad Affaritaliani.it sarebbero Intesa Sanpaolo, Unicredit e Bnp Paribas – si sarebbero garantiti un tasso d’interesse che potrebbe arrivare fino al 5% annuo. E questo significa che il fardello inizia a essere sempre più costoso. Da qui l’esigenza di abbatterlo rapidamente. Anche perché a questa situazione si aggiunge anche che la partnership con Dazn non solo non ha portato i frutti sperati in termini di nuove sottoscrizioni di rete fissa, ma avrebbe un costo tra gli 1,05 e gli 1,2 miliardi nei tre anni di accordo.
Di più: qualcuno inizia a sospettare che gli azionisti, sempre più preoccupati dall’andamento dell’azienda, possano pensare a qualche forma di azione di responsabilità verso il board. Pietro Labriola, è bene chiarirlo, non corre alcun rischio perché avendo assunto il suo ruolo di ceo da gennaio 2022 non ha avuto alcun peso nella scelta della partnership con Dazn. Ma insomma, l’aria che si respira rimane tesa. Anche perché il Piano Minerva su cui il sottosegretario alla digitalizzazione Alessio Butti si è speso molto ancora non decolla e non si capisce come dovrebbe avvenire lo scorporo della rete e la sua integrazione con Open Fiber: tramite un’opa totalitaria di Cdp, che poi procederebbe allo “spezzatino”? Preparando la divisione in varie business unit di Tim prima di qualsiasi trattativa? Intanto il titolo, che pure ha guadagnato il 24% nell’ultimo mese, ha iniziato a ritracciare cedendo il 9,7% negli ultimi cinque giorni. Il mercato non capisce che cosa aspetti l’ex-Telecom.
Labriola: “Cinque operatori mobili in Italia sono troppi”
"La domanda che c'è da porsi è qual era la politica industriale negli anni passati? Perché il risultato a cui siamo arrivati oggi è quello dato dall'assenza di politica industriale. Oggi il nostro paese non è in grado di avere cinque operatori mobili non perché i manager non siano in grado di gestire: è un tema di economie di scala. Se io proietto il trend degli anni passati e lo porto al 2024 tutto il comparto sarà con ebitda e capex negative. Abbiamo un problema oggettivo". È l'Ad di Tim Pietro Labriola a sottolinearlo intervenendo all'evento sull'innovazione del Il Messaggero nell'ambito degli incontri 'Molto Futuro'
"Occorre rivedere alcune norme: più in generale c'è tutto quello che si chiama market consolidation cioè - prosegue Labriola - si deciderà che alcuni operatori tra loro si sposano come quando è stato con Wind che ha fatto il merger con Tre se le Autorità dicono 'ti permetto di scendere da 4 a 3 operatori però creo un quarto operatore' probabilmente c'è un problema di processi decisionali; nella valutazione se è più corretto avere 3 o 4 operatori c'è qualcuno che fa una proiezione di business plan per vedere se c'è un ritorno economico per avere 4 operatori in un paese. Si possono avere 5 bar in un unico isolato?" sono i quesiti che pone l'Ad.
Labriola: “Rete unica? Non sono io che decido”
Per l'obiettivo della rete unica, ha proseguito il ceo di Tim, "non sono io che devo definire che è meglio un'opa o meno, io devo fare affidamento sulle decisioni che l'azienda può prendere in favore di tutti quanti gli azionisti. E quindi il piano che abbiamo presentato ha un determinato percorso che stiamo portando avanti: se poi ci sono soluzioni al di fuori di quello che può essere fatto dal management non sono io che devo decidere”.
"Se qualcuno - spiega - vuole lanciare un'opa, la lancia formalmente, la dichiara al mercato e gli azionisti poi decideranno. Per cui l'obiettivo è lo stesso per tutti (la rete unica n.d.r.), il percorso può essere differente, ma noi stiamo portando avanti il piano che abbiamo condiviso con il mercato. È facile? No. Ma come manager abbiamo stipendi che non sono banali, noi siamo pagati per risolvere complessità mantenendo la calma in contesti difficili" conclude. "Oggi l'Iva per il gas e la luce sono al 10 e 5%; le Tlc sono trattate al 22% come un servizio di lusso, come una pallina da golf. Se vogliamo recuperare profittabilità e non vogliamo impattare sulle tasche consumatori dobbiamo probabilmente ridurre l'iva
Labriola: “Tra vecchio e nuovo governo non vedo differenze”
"Non mi sembra che nessuno dal vecchio governo al nuovo governo stia dicendo una cosa diversa dal fatto che la rete unica è importante, la discussione è su come arrivarci. Se tutti vogliamo andare da Bari a Roma qualcuno dice di fare un pezzo di Adriatica e qualcuno dice di passare da Napoli. Non c'è una divergenza sul risultato finale, ma una discussione e il contraddittorio è sempre importante" conclude Labriola.