Tim, Vivendi "vede" l'accordo Mef-Kkr. Ma ci sono ancora delle nubi

Una nota del gruppo francese "benedice" l'interessamento del governo ma chiede un confronto per trovare le migliori soluzioni. I nodi Serco e valutazione

di Marco Scotti
Henry Kravis, Pietro Labriola, Dario Scannapieco
Economia

Tim, Vivendi pronta a "vedere" il piano di Kkr per la rete. Ma non ha ancora sciolto le riserve


 

La sottoscrizione del memorandum d’intesa tra Kkr e il Mef per quanto riguarda la rete di Tim viene letta come “una notizia positiva” dai francesi di Vivendi. Ma è davvero così? Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, dietro alle parole di prammatica c’è molto di più, come d’altronde si può evincere anche da altre dichiarazioni riportate dall’Ansa e attribuite a fonti vicine alla holding di Vincent Bollorè. Insomma, i francesi sono pronti a "vedere", per usare un linguaggio pokeristico, ma non sono ancora del tutto convinti. 

Per arrivare a soluzioni concrete e praticabili – dicono le famose persone informate sul dossier - , è necessaria l'apertura di un dialogo serio con Vivendi. Un confronto è ora indispensabile per trovare la migliore soluzione per la società e per tutti i suoi azionisti, di cui Vivendi continuerà a rappresentare gli interessi con la massima determinazione”. Che cosa significa questa affermazione? Ci sono vari livelli di lettura.

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Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, infatti, i francesi sono dubbiosi del piano che riguarda la rete di Tim. E temono, oltretutto, che vi possano essere dei problemi con l’attuale governance. Il governo, che pure si è detto disponibile a fare da regista all’iniziativa, non ha ovviamente la possibilità di cambiare il sistema di gestione dell’azienda che è quotata in Borsa e che quindi risponde a logiche di mercato. Di più: pare che i francesi non siano rimasti piacevolmente soddisfatti – per usare un eufemismo – del piano messo a punto nel memorandum e che temano che non sia particolarmente futuribile

C’è poi il tema del prezzo: Kkr ha alzato l’asticella fino a 23 miliardi di euro, più di quanto messo sul piatto nelle precedenti trattative, ma molto meno di quanto chiesto da Vivendi che aveva valutato l’asset intorno a 31 miliardi. Vero è che l’aumento dei tassi d’interesse – e quindi il costo della finanza – ha probabilmente ridotto le stime, ma non certo di otto miliardi.

Secondo quanto ci risulta, Kkr non è molto intenzionata a spingere – ancora – sulla leva del prezzo e, addirittura, qualcuno riterrebbe “strano” se dovessero arrivare richieste in tal senso. I francesi invece ritengono di poter alzare ancora un po’ l’asticella, magari andando a cadere in una zona ancora lontana dai 31 miliardi, ma più vicina ai 26-27 che rappresenterebbero un tetto “confortevole” per tutte le parti in causa. 

Ma fonti vicine al dossier fanno notare che il problema, per Vivendi, potrebbe anche essere relativo alla cosiddetta Serco, cioè la società di servizi che raggrupperebbe al suo interno tutti gli asset di Tim escludendo Sparkle e, appunto, la rete. Secondo gli analisti, il valore della Service Company sarebbe di 15 miliardi compreso il Brasile, ma si troverebbe gravata da una montagna di debiti che non potrebbe più ripagare percé avrebbe perso uno degli asset più interessanti.

Su questo si combatterà parecchio perché Vivendi teme di trovarsi con in mano una società che ha perso il suo core business (appunto i servizi di rete) e che di conseguenza avrebbe meno appeal per i francesi. Dietro alle dichiarazioni di prammatica, dunque, non c’è la voglia di alzare barricate, ci mancherebbe. Ma non c’è nemmeno l’intenzione di farsi andare bene qualsiasi cosa al grido di “viva il parroco”. Che cosa succederà è presto per dirlo. Ma da qui al 30 settembre si vedranno autentiche montagne russe. 

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