Spagna, finisce l'era Sanchez: così la Destra piglia tutto e punta sull'Ue

La Spagna volta pagina e il nuovo corso sembra virare decisamente a destra: Sanchez perde anche Madrid dove Ayuso potrà governare senza l'appoggio di Vox

di Vincenzo Caccioppoli
Esteri

Elezioni Spagna, il flop di Sanchez è l'ennesima occasione per far riflettere i popolari europei ad allearsi con i conservatori e raggiungere la maggioranza in Parlamento 

Raccontano che nelle austere stanza della sede del Psoe a Madrid, in Calle Ferraz, campeggiano ancora in bella mostra i manifesti elettorali del premier spagnolo Pedro Sanchez delle ultime politiche con il motto “Ahora sì” (ora sì). Quello slogan diventato celebre (e che ora pare davvero un po irridente se non caustico) evidentemente non ha portato fortuna al premier, che dopo la batosta elettorale di domenica nel voto amministrativo (hanno votato 32 milioni di spagnoli per il rinnovo di 12 regioni autonome e circa 4000 comuni), ha rassegnato le dimissioni nelle mani del re, indicendo elezioni anticipate per il 23 luglio prossimo.

Aveva chiesto al popolo spagnolo, mostrando una sicurezza, che probabilmente era solo di facciata, un plebiscito su di lui e il suo governo. E il voto è stata una bocciatura totale e la conseguenza non poteva che essere quella di lasciare il proprio incarico. La sconfitta è stata netta in quasi tutte le 12 regioni autonome chiamate al voto, anche dove, come Valencia e Siviglia, sono da sempre considerate roccaforti storiche del Psoe. A Madrid, l’astro nascente dei popolari, Isabel Diaz Ayuso ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti e potrà governare anche senza l’appoggio dell'estrema destra di Vox.

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Proprio il grande successo della Ayuso mostra palesemente il fallimento di Sanchez e del suo governo. La presidente della comunità autonoma di Madrid, da tempo, con Sanchez e il suo governo, aveva intrapreso una personale battaglia, arrivando a formulare come slogan elettorale il motto “O Sanchez o Espana”. Sanchez ha provato in tutti i modi din contrastare il crescente peso della esponente del partito popolare, a partire dalle durissime accuse lanciate per la sua troppo permissiva politica nel periodo della pandemia, fino ad arrivare a spostare alcuni importanti sedi istituzionali fuori dalla capitale. Ma tutto ciò non ha certo pagato anche ha contribuito a rafforzare l’idea che Sanchez in realtà stesse governando più pensando al suo interesse personale che al bene del paese, come rimproveratogli più volte anche dalla stessa presidente di Madrid.

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La Spagna volta pagina e il nuovo corso sembra virare decisamente a destra, come accaduto d’altra parte qualche settimana fa in Finlandia e Bulgaria e lo scorso anno in Svezia. Per la sinistra spagnola, ma anche per quella europea, in vista delle prossime elezioni europee, i segnali sono certamente poco rassicuranti.

A dare forza a questo concetto il grande risultato ottenuto dalla destra di Vox di Santiago Abascal, che in Europa fa parte dello stesso gruppo dell’Ecr di cui Giorgia Meloni è presidente. Rispetto al 2019 il partito di Abascal ha raddoppiato i voti, ed ora i popolari per governare hanno bisogno del loro appoggio in quasi tutte le regioni.

Chissà se sul voto a Vox avranno inciso anche le pretestuose polemiche della vicepresidente Diaz (altra grande sconfitta di questa tornata elettorale) che qualche settimana fa proprio per attaccare il partito di Abascal, ha duramente criticato il governo italiano di Giorgia Meloni per la sua legge sul lavoro del 1 maggio. La Diaz che aveva annunciata la sua candidatura per le prossime legislative, è rimasta certamente spiazzata dalla decisione di Sanchez di dimettersi (e qualcuno ha voluto sottolineare come questo fatto potrebbe anche non essere del tutto casuale).

Il suo obiettivo era quello di presentarsi con una nuova forza politica, sumar, abbandonando il partito Podemos, che sembra entrato in una crisi ormai irreversibile e che ha perso anche a Barcellona, dove governava con la sua esponente Ada Colau ( sulla cui riconferma proprio la Diaz aveva incentrato tutta la sua campagna elettorale). Ora il tempo è talmente esiguo che i piani della vicepresidente rischiano di dover subire un deciso ridimensionamento. Ma anche i popolari forse avrebbero preferito più tempo e vedere il governo del Psoe, macerarsi per sei mesi nelle sue tante contraddizioni. Il premier spagnolo paga la sua mancanza di leadership che non gli ha permesso di governare con autorevolezza una maggioranza divisa e litigiosa.

E questo alla fine gli è stato fatale, e con le dimissioni prova ad uscire da quello che ormai appariva come una prigione dorata, che rischiava di soffocarlo e metterlo ancora di più all’angolo. Alberto Núñez Feijóo, il moderato segretario del partito, che aspira a guidare il prossimo governo, ha infatti subito avvertito Sanchez di non pensare di oscurare quello accaduto oggi con la sua decisione di dimettersi.

Quello che pare chiaro a tutti, di fronte a questa ennesima debacle di uno degli ultimi paladini del progressismo europeo ( come non dimenticare la rapidità con cui la segretaria del Pd Elly Schlein, appena eletta, ha voluto incontrare il premier spagnolo a Bruxelles), mostra la crisi profonda di una sinistra europea, sempre più lontana dalla realtà e dal contatto con il suo elettorato storico e che guarda con sempre maggiore timore e preoccupazione all'appuntamento del prossimo giugno per il rinnovo dell’Europarlamento.

La vittoria schiacciante della Meloni lo scorso settembre in Italia, e il suo atteggiamento moderato fino a qui mostrato, è stato probabilmente utile per convincere l'elettorato di mezza Europa che la destra brutta, pericolosa e cattiva è solo una semplice mistificazione operata dal mainstream di sinistra.

Ed è per questo che la caduta rovinosa di Sanchez e della sinistra in Spagna (che segue quello accaduto un mese fa in Svezia e Bulgaria, e a fine settembre in Svezia, ma anche in Francia la destra è data in netto vantaggio in tutti i sondaggi) può rappresentare l’ennesima occasione per far riflettere i popolari europei (di cui il Ppe spagnolo rappresenta una delle componenti più rappresentative ed ascoltate) sulla opportunità di arrivare ad una alleanza con i conservatori europei per arrivare ad una chiara e solida maggioranza al prossimo parlamento europeo. E questo non potrebbe che ulteriormente rafforzare la leadership della nostra premier a livello internazionale.

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