“Una minima infelicità”, libro di Carmen Verde in gara allo Strega. Recensione
La recensione di un memoir breve ma intenso, con alcuni virgolettati dell’autrice
Una minima infelicità: quando l’amore è malato e il rapporto genitoriale causa sofferenza nascosta. Il memoir denso e spiazzante di Carmen Verde conquista la giuria del Premio Strega ed entra nella dozzina, edito da Neri Pozza
Dopo lo speciale che Affaritaliani.it ha dedicato alla dozzina del Premio Strega 2023, ci accingiamo ad approfondire i titoli in gara, dei quali solo cinque arriveranno alla fase finale. Il primo libro di cui vi parliamo è Una minima infelicità, un racconto intimo ed emotivamente coinvolgente che vede protagonista il rapporto disfunzionale tra una madre e una figlia. Edito da Neri Pozza – già premiata in passato allo Strega grazie a Due vite di Emanuele Trevi – questo memoir breve ma significativo è l’opera d’esordio di Carmen Verde, scrittrice romana che, alla sua prima prova narrativa, si è già ritrovata nella semifinale del più importante riconoscimento letterario italiano.
“Mi sento onorata – ha detto Carmen alla redazione di Affaritaliani.it – il Premio Strega, così importante nella storia della letteratura italiana, acquista ora per me anche un valore privato, personale. E sono anche sorpresa perché, con un inatteso bellissimo cortocircuito, tocca a Una minima infelicità portarmi la felicità più grande. Affronto il viaggio sapendo che ad aver meritato la candidatura è un libro cui ho lavorato molto, con pazienza e dedizione”.
Protagonista di queste brevi riflessioni in prima persona è Annetta, una ragazzina che a quanto pare non vuole saperne di crescere. Quasi fosse uno scherzo della natura, il suo corpo si ribella alle aspettative della bellissima madre Sofia per restare perennemente minuto, goffo, mai all’altezza di quella grazia e quell’eleganza che Annetta vede nella figura materna. Ciò che prova per lei non è amore, ma un’idolatria pura, tale da portarla a idealizzarla quasi fosse una divinità; almeno fino a quando, crescendo, inizierà a vedere la realtà da un punto di vista più ampio, diverso, e di conseguenza a ridimensionare tutto. Ecco, allora, che solo di fronte all’avanzare della malattia e poi della morte i ruoli dei genitori si ribalteranno definitivamente: il padre che aveva sempre disprezzato, considerandolo debole e vile, assume ora ai suoi occhi il valore di un uomo che tantissimo ha saputo sopportare e perdonare, a cominciare dai continui tradimenti della moglie; al contrario, la madre-dea da cui ha centellinato per anni gocce di attenzione, di amore, di considerazione, si rivela per la donna fragile e insana quale è, al limite con la follia che colpì anche la nonna materna. “L’immagine che avevo adesso di lui si impose perciò facilmente su tutte le altre. Dell’uomo al quale avevo sempre mostrato indifferenza, osservavo ora ogni ruga, spiavo ogni affanno. Per la prima volta l’eleganza di Sofia Vivier mi pareva al confronto futile, ordinaria, ma lo nascondevo anche a me stessa, come per impedire che un pensiero sapesse dell’altro. Quella tra mio padre e mia madre rimaneva un’equazione con molte variabili: troppe per un’unica soluzione”.
La forza di questo scritto è nell’impatto emotivo che colpisce il lettore, caricandosi di sentimenti, dolori, frustrazioni, fino all’angoscia della depressione che degenera verso la condizione borderline della malattia. Si pensa, leggendo le pagine di Carmen Verde, ad un racconto autobiografico, invece lo è solo in parte. Di certo esso rientra appieno nella tematica delle relazioni problematiche tra genitori e figli, con un’attenzione particolare alla sofferenza, grande protagonista di questa dozzina 2023. Ne abbiamo parlato con l’autrice, cercando di dare una spiegazione all’emergere di un simile disagio collettivo.
“L’onda lunga della pandemia si è abbattuta su quest’edizione del Premio Strega, ha detto Melania G. Mazzucco. Sento la sua riflessione molto vera. È in rapporto al tempo in cui sono stati scritti che romanzi pur molto diversi tra loro possono incontrarsi e riconoscersi. Di quali vuoti è fatta la nostra vita di questi ultimi anni, chi piangiamo? Siamo anche i figli di quei genitori i cui corpi hanno subìto l’ingiuria di una malattia sconosciuta, corpi che non abbiamo più potuto toccare, nemmeno per prepararli alla morte. È fatale che ritornino e che ci guardino dalle nostre pagine mute... Nel mio romanzo evito ogni riferimento personale, eppure, nascondendolo in una storia d’invenzione, è il mio dolore di figlia che espongo. Annetta, l’eterna bambina protagonista di Una minima infelicità che volge lo sguardo a sua madre assente come a una stella fissa, divento io stessa col mio tributo d’amore per mia madre, inghiottita da un ospedale durante il Covid e che non ho mai più rivisto. Perduta ma viva nella mia mente. Il mio libro è anche dedicato a lei”.
C’è poi, in questo lavoro che la scrittrice Veronica Raimo ha definito “pieno di ossessione e dolcezza, di crudeltà e di pietas”, un personaggio particolare chiamato a rappresentare la malvagità. Si tratta di Clara Bigi, la tutrice e al contempo domestica assunta dal padre Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti quasi sempre lontano da casa, per prendersi cura della sua famiglia. Un paradosso, se si considera che Clara nasconde un animo meschino e, fiutando subito la vulnerabilità di entrambe le donne di casa Baldini, si approfitterà sempre più della sua posizione per distruggere la serenità fisica, mentale ed economica del già traballante trio. Non troverà, tuttavia, una matrona sicura di sé ad opporsi, bensì una moglie e una madre – Sofia Vivier – divorata dall’infelicità, dai sensi di colpa, dalle paure, dalle aspettative, dall’insoddisfazione cronica; la persona ideale, insomma, da sottomettere e su cui tiranneggiare. Allo stesso modo, sapranno bene come ferire quella che è una dea solo all’apparenza anche gli uomini a cui Sofia concederà il cuore dopo la morte del marito, causando sempre la gelosia incontrollabile della figlia e la propria umiliazione. Fino a quando la malattia farà ancora una volta il suo corso e ogni sprazzo di gioia di vivere verrà dimenticato.
Toccante, tendenzialmente malinconico, profondo e riflessivo, Una minima infelicità è il fiore all’occhiello di Neri Pozza, che torna a concorrere per il primo posto dello Strega. Per Carmen Verde, comunque andrà, si tratta di un’immensa felicità, proprio al contrario di quanto afferma il titolo dell’opera.