"Le big tech non sono in crisi, sono solo diventate 'mature'. E ora..."

La pandemia ha portato a questo tipo di società guadagni inimmaginabili. Ma la situazione non poteva durare per sempre

di Lorenzo Goj
MediaTech

"Le big tech non sono in crisi, sono diventate mature"

Siamo di fronte alla fine di un’era? Tra Amazon, Apple, Google, Meta, Microsoft, Netflix e Tesla, il settore Big Tech ha bruciato circa 7 trilioni di dollari (sì, ben 7 mila miliardi) di valore in Borsa in poco più di un anno. Ma anche se davanti a questi nefasti risultati impallidirebbe chiunque, qualcuno sostiene che sia ancora troppo presto per parlare di “crisi”.

A dirlo è Edoardo Fleischner, docente di crossmedialità all’Università Statale di Milano, conduttore di “Media e dintorni” su Radio Radicale e firma del quotidiano “La Ragione”, che, interpellato da Affaritaliani.it, ha spiegato che, al massimo, le aziende del Big Tech sono “maturate”.

Certo, colare a picco in Borsa non è sicuramente bello”, esordisce Fleischner. “Ma parlare di crollo mi sembra ancora inappropriato”. Ma andiamo con ordine. Ancor prima della situazione rosso sangue delle quotazioni, c’è l’appiattimento della crescita.

“La pandemia ha portato a questo tipo di società guadagni inimmaginabili. Con ‘tutto il mondo’ a casa, i flussi di denaro incassati dalle Big Tech non veniva più calcolato in milioni o miliardi, ma bensì in trilioni”, spiega l’esperto. “Ma una situazione di questo tipo, come prevedibile, non può durare per molto”, continua.

Dunque, ecco che da mesi e mesi di incrementi a doppia cifra (dati appunto dalla pandemia), si passa a un crollo totale della crescita. Ed è proprio questo punto a scatenare la reazione a catena.

“Le Big Tech, in vista dei forti cali dello sviluppo (e dunque degli ultra-profitti), vanno nel panico e iniziano ad attuare politiche di licenziamenti di massa (nel 2022 sono stati tagliati circa 50 mila posti). Che, tra l’altro, non sono neanche così ingenti se paragonate ad altre grandi realtà nel mondo del lavoro…”, punge Fleischner.

“E così, il panico delle Big Tech va a contagiare anche gli investitori che, a fronte di tagli e allarmati dai mass media, vendono più azioni possibile facendo inevitabilmente scivolare il valore di mercato”. Ed ecco dunque spiegato il motivo cardine del crollo in Borsa dei giganti tecnologici.

“Ma non è tutto”, tuona l’esperto. “Un altro motivo per cui parlare di crollo è fuorviante sono gli incassi delle suddette società. I ricavi e i fatturati dei vari Amazon, Apple, Google, Meta, Microsoft, Netflix e Tesla non sono crollati. Sono semplicemente rimasti (più o meno) in pari. Non sono crollati i ricavi, dunque, ma semplicemente sono finiti gli ultra-profitti. Come si può, dunque, parlare di crollo del Big Tech se queste aziende continuano a macinare denaro?”, spiega Fleischner.

“Piuttosto, possiamo dire che queste siano maturate. Non vivono più nella logica delle startup che possono puntare a lunghi periodi di crescita continua. Il plateau di clienti non è infinito e i colossi del Big Tech hanno raggiunto una sorta di ‘limite’. E, come insegna la storia, quando verranno raggiunti nuovi mercati (rappresentati in maggioranza dai Paesi in via di sviluppo come l’Africa), assisteremo a un nuovo boom di crescita, ricavi e fatturato”. 

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