Ascolto il leader o la capa del governo? Il dilemma del Giorgetti-Amleto

Il ministro dell'Economia deve rispondere contemporaneamente a Salvini e a Meloni finendo in uno stato amletico in cui cerca di mediare istanze opposte

Di Giuseppe Vatinno
Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni, Matteo Salvini 
Politica

Giorgetti sempre più Amleto tra Salvini e Meloni

Quando ci sono due partiti che insistono sostanzialmente sullo stesso elettorato si creano curiosi fenomeni di competizione interna che alterano la fisiologia politica naturale in funzione di obiettivi elettorali. Questo è il caso di Lega e Fratelli d’Italia che hanno in comune lo stesso elettorato se si eccettua il discorso dell’autonomia amministrativa che però è stata saggiamente declinata come “autonomia amministrativa differenziata” permettendo –per ora sul piano squisitamente etimologico- di salvare capra e cavoli.

Infatti se la Lega spinge per l’autonomia Fratelli d’Italia spinge per il presidenzialismo e un accordo si troverà certamente. Per capire bene le dinamiche in atto occorre però capire l’origine dei partiti in esame e specificatamente della componente moderata della Lega. In effetti la Lega ha un’origine molto più complessa di quella di FdI perché al suo interno ha suggestioni anche di sinistra (Salvini era il leader giovanile dei “comunisti padani”) e di centro - democristiano.

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Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, pur avendo iniziato a fare politica negli anni ’80 nel Fronte della Gioventù prima di entrare nella Lega, si è sempre più caratterizzato per un aspetto moderato vuoi per la sua laurea alla Bocconi vuoi per il suo aplomb istituzionale. Giorgetti è –oltre che un politico- un valente tecnico e percepisce anche gli aspetti che un politico a tutto tondo non vede.

E per questo il suo ruolo è particolarmente complesso. Da un lato c’è la politica che ha bisogno di un dialogo continuo con un elettorato non preparato sulle questioni economiche e finanziarie e dall’altro c’è appunto la tecnica che lo mette in guardia sulle conseguenze.

In questo momento Giorgetti è preso tra due fuochi. Da un lato c’è Salvini che spinge –come tutti gli altri ministri- per mettere in finanziaria quelle misure che gli elettori della Lega vogliono e dall’altro c’è la Meloni, tramite Giorgetti, che da capo dell’esecutivo dice che denari non ce ne sono.

Ma è qui che i campi istituzionali e politici si confondono nel delta di un fiume di euro. La Meloni ha buon gioco a pararsi dietro il ruolo istituzionale ma poi cerca di fare anche il gioco del suo partito e cioè di Fratelli d’Italia. È umano ed anche prevedibile.

Ma il punto di pressione di tutto il massiccio meccanismo si scarica proprio su Giorgetti che, oltre ad essere tirato dalla giacchetta da tutti i ministri per la finanziaria, deve poi rispondere contemporaneamente a Salvini e alla Meloni e così finisce in uno stato amletico in cui cerca di mediare istanze spesso contrastanti se non opposte.

Ne è la riprova –ad esempio- il finanziamento di punti qualificanti per la Lega come l’abolizione delle accise, le pensioni, il Ponte sullo Stretto che sono molto impegnativi sul piano finanziario ma che potrebbero avere anche un avversario occulto nella Meloni che magari quei soldi li vuole dirottare su progetti che renderebbero direttamente di più, sul piano elettorale, a Fratelli d’Italia.

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