Il Movimento 5 Stelle non esiste più e Beppe Grillo torna a fare il comico

Il Movimento aveva il potere assoluto nel 2018 quando è entrato trionfalmente in Parlamento che doveva aprire come una “scatoletta di tonno” ed invece...

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Il Movimento 5 Stelle non esiste più e Beppe Grillo torna a fare il comico

Il Movimento Cinque Stelle non esiste più. Quello che Giuseppe Conte conduce è un'altra cosa, una sorta di variante che ha finito per divenire sostanzialmente l’antitesi dell’originale. Questo per una serie di errori, del resto ben prevedibili se si analizza l’evoluzione dei Cinque Stelle con il metro della storia. Tutti i movimenti populisti hanno più o meno seguito questo percorso quindi ben prevedibile.

Dopo un periodo di attecchimento che può durare diversi anni hanno una esplosione elettorale, conquistano una certa fetta di potere, e poi inevitabilmente si spengono declinando mestamente o trasformandosi in altro, spesso l’opposto. È successo con l’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, è successo con Italia dei Valori di Antonio Di Pietro ed è successo anche con il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. Fa parte della fisiologia politica.

Il Movimento aveva il potere assoluto nel 2018 quando è entrato trionfalmente in Parlamento che doveva aprire come una “scatoletta di tonno” ed invece è finita che è stato il Parlamento ad aprire il Movimento, sgangherandolo completamente. La vicenda di Luigi Di Maio è esemplificativa. Nel governo giallo verde a trazione stello – leghista era l’uomo più importante d’Italia, aveva tutto, Capo politico, Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico contemporaneamente e poi Vicepresidente del Consiglio e poi qualche anno dopo aveva perso tutto ed ora sta cercando arrabattarsi un posto per non tornare a vendere bibite allo stadio San Paolo di Napoli. Virginia Raggi ugualmente, da sindaco di Roma, è ora semplice consigliera e i romani le hanno fatto pagare anni di gestione confusa ed approssimativa. Roberto Fico e Paola Taverna sono tornati nel cono d’ombra da dove provenivano.


Diverso il caso di Alessandro Di Battista che poteva e non ha fatto. Dopo una sola legislatura non si è ricandidato nel 2018 e soprattutto non si è ricandidato ora nel 2022, nonostante qualche tentativo. Qualcuno pensa che Di Battista –che ha detto che non vuole fare politica nel Palazzo- si voglia solo tenere i suoi follower, che sono tanti e possono gratificare senza impegnarsi nel duro agone dove occorre fare anche compromessi.


E poi c’è lui, Beppe Grillo, ex comico alla Zelensky di quelli cioè che per improntitudine umana e caratteriale ti possono scatenare una Terza guerra Mondiale pur di gratificare il loro Ego. Aveva in mano la politica italiana ed ha buttato tutto alle ortiche confermando solo quello che tutti prevedevano: la politica non è il suo mestiere ed ora sta cercando di tornare a fare il comico e basta, come è giusto che sia.


Nel frattempo sta sperimentando le conseguenze del Potere, come ad esempio-i riflettori impietosamente puntati sulla vicenda della presunta violenza sessuale del figlio. In tutto questo si è inserito il "Fattore C" che non è quello che ha salvato tante partite della nostra nazionale di calcio, ma bensì l’iniziale di Conte, Giuseppe Conte che si è dimostrato il più furbo di tutti. Avvocato civilista, professore universitario, una volta vicino al Pd di Renzi, si è ritrovato improvvisamente a gestire un governo, il giallo verde, come punto di equilibrio tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Messo lì come “testa di legno” ha fregato tutti facendo fuori nell’ordine: Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Beppe Grillo e da ultimo Mario Draghi, subendo solo l’inevitabile défaillance con il sempre pericoloso “cavallo matto” della politica italiana e cioè Matteo Renzi. Ora “Giuseppi”, come lo chiamò Donald Trump, sta puntando il bersaglio grosso e cioè manovra per impossessarsi del Partito democratico, attualmente allo sbando e senza un capo, terra di conquista di capitani di ventura che spesso si travestono da gentiluomini con la pochette.
 

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