Riforma giustizia, qualcosa si muove ma è ancora poco. Ecco le 4 grandi novità

L’ultima parola spetta ora al Parlamento, che nell’iter di approvazione della legge potrà emendare il testo, migliorandolo

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
Carlo Nordio
Politica

Riforma della Giustizia, qualcosa si muove ma è ancora poco

Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di riforma della giustizia, presentato dal Ministro della giustizia Carlo Nordio. Quattro, a nostro avviso, le principali novità.

Custodia cautelare e contraddittorio preventivo

Nei casi previsti dalla legge per l’applicazione delle misure cautelari (quando sussiste almeno una delle esigenze cautelari: pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato), assume maggiore impronta garantista l’interrogatorio di garanzia (quello che si volge oggi davanti al Gip entro cinque giorni dall’applicazione della misura). Il ddl prevede che, per la sola custodia cautelare in carcere (dunque non per la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari), l’interrogatorio di garanzia si svolga davanti a tre giudici e non più uno. Misura condivisibile ma che troverebbe applicazione solo dopo due anni dall’eventuale entrata in vigore della riforma al fine di implementare l’organico della magistratura. 

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Sarebbe invece di immediata applicazione, qualora la riforma fosse approvata, il nuovo istituto del contraddittorio preventivo. L’indagato sarebbe sottoposto ad interrogatorio di garanzia prima dell’eventuale applicazione della misura cautelare, a seguito di regolare contraddittorio tra accusa e difesa, davanti al giudice. Da tale istituto resterebbero esclusi i reati più gravi per non vanificare l’effetto a sorpresa di certe operazioni. Un istituto che non condividiamo, perché il giudice e il pm farebbero la parte del leone contro l’indagato: se non parli finisci dentro. Sarebbe invece stato necessario limitare al massimo le ipotesi in cui poter applicare la custodia cautelare in carcere, preferendo quelle meno afflittive e implementando l’uso del braccialetto elettronico per gli arresti domiciliari.

Intercettazioni

Il ddl prevede che non possano essere pubblicate negli atti di indagine le intercettazioni non rilevanti (esattamente come è adesso), con la novità che tutte le intercettazioni non potranno essere pubblicate neppure dopo il deposito degli atti. La riforma prevede la possibilità di pubblicazione solo se tali intercettazioni sono contenute nelle motivazioni del giudice esplicitate in sentenza. Novità che condividiamo. Non se ne può più della gogna mediatica.

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Se un’intercettazione è meritevole di stampa, a tutela del diritto di cronaca, dovrà risultare da una sentenza (emanata a seguito di tutte le garanzie processuali a difesa dell’imputato) e non semplicemente dagli atti di indagine che, nel processo ordinario, spesso non entrano nel fascicolo del dibattimento senza il necessario consenso delle parti. Il ddl non prevede restrizioni nell’utilizzo delle intercettazioni per fini di indagine e processuali che restano così come sono. Questo a nostro avviso non è condivisibile. Necessitava un intervento più coraggioso che limitasse la possibilità di utilizzare un tale strumento così invasivo, riservandolo solo come extrema ratio.

Abuso d’ufficio

A fronte della evidente sproporzione tra il numero di indagini e il numero di processi che si concludono con una condanna, il ddl abroga il reato di abuso d’ufficio. Tra i più colpiti da tale norma sono i sindaci e gli amministratori locali, che non riescono ad assegnare un appalto, una gara o un incarico diretto senza vedersi querelare per abuso d’ufficio, cui segue un processo lungo anni che si conclude quasi sempre con un’assoluzione. Vita, famiglia e carriera politica rovinate. Non se ne può più. Ma, anche qui, serviva più coraggio. Occorreva intervenire anche sulla legge che consente lo scioglimento di giunte e consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Oggi bastano semplici sospetti per poter procedere allo scioglimento, anche in assenza di un procedimento penale a carico del sindaco. Una follia sulla quale occorreva intervenire, e invece niente.

Impugnazione del PM

Il ddl introduce una norma che impedisce l’impugnazione da parte delle Procure delle sentenze di assoluzione dell’imputato, seppur solo per i reati meno gravi. Una novità che dà finalmente piena attuazione al principio dell’onere della prova a carico dell’accusa. Non è accettabile, in un sistema di procedura penale di tipo accusatorio come il nostro, che l’imputato assolto vada nuovamente a processo perché la Procura non è riuscita a dimostrare la sua colpevolezza dopo un intero grado di giudizio. È una misura di civiltà. Ci aveva provato il Governo Berlusconi III con la Legge Pecorella, poi dichiarata incostituzionale su questo tema perché lesiva del principio di parità tra accusa e difesa. Fandonie.

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La Corte costituzionale dovrà rivedere il suo orientamento, per un motivo molto semplice: la parità tra accusa e difesa attiene al processo, dove avvocato e PM hanno i medesimi diritti, ma l’onere della prova – per principio del diritto romano e poi illuministico - non può mai essere a carico dell’imputato. Pertanto, se dopo un intero procedimento il PM non riesce a fornire elementi sufficienti per giungere ad una condanna dell’imputato, l’impugnazione della sentenza di assoluzione da parte delle Procure diventa una vera e propria persecuzione giudiziaria nei confronti dell’imputato.

Quello di Nordio è un disegno di legge e non un decreto-legge. L’ultima parola spetta ora al Parlamento, che nell’iter di approvazione della legge potrà emendare il testo, migliorandolo, si spera con misure garantiste e con nuove disposizioni che incidano nel senso da noi suggerito. Il ddl poteva fare di più. Vedremo se il Parlamento avrà più coraggio del Governo.

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