Nuovo stadio: Caudo e la crisi al Comune: “Soldi pubblici, guadagni privati"
Il leader di Roma Futura e Ordinario di Urbanistica a La Sapienza demolisce il progetto Friedkin a Pietralata. Il vizietto della speculazione immobiliare
Stadio AS. Roma a Pietralata, il giorno dopo la dichiarazione di pubblico interesse della Giunta Gualtieri, arriva il siluro di Giovanni Caudo, ordinario di Architettura a La Sapienza, ex assessore all'Urbanistica con Ignazio Marino e dal 2018 presidente del Muncipio Roma 3, ma anche leader di Roma Futura, al fianco del sindaco Gualtieri. Di fatto si apre una crisi in Campidoglio.
E proprio nel fianco della maggioranza infila una lama di saggezza, denunciando in un lungo post tutte le perplessità sull'iter del Nuovo Stadio a Pietralata e sulla possibilità che l'As Roma, una volta finiti i lavori possa addirittura vendere sul mercato internazionale la concessione, realizzando una plusvalenza. Tradotto: una speculazione con l'antico vizietto romano di pubblicizzare i costi e privatizzare i profitti con il consumo del suolo.
In un post una lezione di Urbanistica reale
Caudo in un lungo post su Facebook spiega con dovizia di particolari perché dopo lo sfortunato progetto di Tor di Valle, anche Pietralata è a rischio. Lo fa con competenza, toni moderati e misurati ma elementi reali che accendono un semaforo rosso sulle scelte “e sulle non scelte” del sindaco Gualtieri e dell'assessore all'Urbanistica Maurizio Veloccia. In una città normale, la presa di posizione di Caudo equivarrebbe a una crisi nella maggioranza Gualtieri ma il professore non è certo tipo da sollevare questioni politiche, preferendo rimanere nel merito di un progetto che non lo convince. E spiega perché.
Stadio a Pietralata, "ecco cosa ne penso" il titolo del post social
“Si è concluso l’iter della Conferenza dei servizi preliminare, ho letto il verbale e la delibera, e alla fine penso che la questione non sia lo Stadio. Guardando la lunga vicenda del progetto dello Stadio, che si snoda ormai da quasi dieci anni, si capisce che il vero nodo è il rapporto pubblico privato nelle scelte urbanistiche. Una società privata internazionale chiede di costruire la sua sede, l’equivalente del suo quartiere generale, a forma di stadio. Il soggetto pubblico gli concede (senza oneri, perchè dopo 99 anni tornerà al Comune!) una cubatura (circa 160 mila metri cubi) che era pubblica (destinata ad uffici direzionali pubblici), si concede anche l’area, 16 ettari di aree pubbliche, per altro solo in parte già espropriate, destinata ad altri usi, ma non allo stadio (il progetto è in variante al Piano regolatore). Il privato ottiene una concessione (si, questa onerosa) di opera pubblica per sfruttare la redditività dello Stadio per 99 anni”.
Una concessione a una società internazionale, i rischi
“Lo stadio è considerato un’opera pubblica e gli si concedono i vantaggi di quella fattispecie di opere mentre la AS Roma è una società privata internazionale e l'attuale proprietario domani potrebbe vendere e legittimamente incamerare i plusvalori che derivano dall’operazione immobiliare”.
I trasporti non ce la faranno mai
“Le infrastrutture di trasporto pubblico su ferro sono valutate insufficienti per portare le persone allo stadio, la diramazione della metro B1 verso Jonio resterà praticamente senza treni dato che le frequenze in direzione Rebibbia non consentiranno in quelle ore di assicurare il servizio nell’altra diramazione. Si spera in una soluzione (Quale? Quanto costa e a carico di chi?) da individuare dopo, con il progetto definitivo. Altri pareri non sono meno problematici. Non un cenno però su cosa succede nel caso che la concessione d’uso dello stadio venga venduta separatamente dall’As Roma”.
Dalla delibera uno sforzo per cambiare
“Diamo atto comunque dello sforzo che affiora nella delibera, per volontà dell’assessore, di voler mettere i puntini sulle “i” e di confermare il dibattito pubblico, volendo c’è ancora spazio per cambiare. In definitiva sembra che nella lunga vicenda dello Stadio la questione principale non sia la costruzione dello stadio ma salvaguardare il vecchio e consolidato modello dell’urbanistica romana, come a Porta di Roma, a Ponte di Nona o a Torpagnotta o ancora a Eur2: privatizzazione dei profitti e pubblicizzazione dei costi e in tanti casi anche dei debiti”.
L'amara conclusione
“Pensate se per costruire lo stadio si riuscisse a cambiare questo retaggio urbanistico, quella si sarebbe una novità”.