José Mourinho "el conquistador". Quando il singolo fa la differenza
La Roma in finale e lo Special One alle stelle
Roma in finale di Europa League: giù il cappello per Mourinho
La Roma pareggia in Germania con il Bayer Leverkusen e va in finale di Europa League con il Siviglia forte dell’1 – 0 ottenuto una settimana fa all’Olimpico.
Il risultato di ieri sera non è casuale. Lo Special One ha ottenuto la seconda finale consecutiva in due anni, la prima lo scorso anno quando ha vinto la nuova coppa, la Conference League, al primo colpo sconfiggendo i belgi del Feyenoord 1 – 0 all’Arena di Tirana.
Due anni a Roma e due finali di cui una già vinta. Niente male.
Ma il risultato di Mourinho, il portoghese volante, va oltre la contingenza dello sport ed entra nella sociologia e non solo pallonara.
Il discorso è sempre lo stesso. Si versano fiumi di inchiostro sul valore del gruppo -che è indubbiamente importante- ma alla fine per vincere serve il singolo, l’eroe, il campione, il conducator, colui che –parafrasando Pupi Avati- “fa l’impresa”.
Pelè, Maradona, Cruijff stanno lì a dimostrarlo. José Mário dos Santos Mourinho Félix nasce a Setubal in Portogallo giusto 60 anni fa. Si tratta di un posto di mare, affacciato sull’Atlantico. Una città sferzata dall’eterno vento lusitano con le onde dell’Oceano che amoreggiano con il fiume Sado, sormontato dalla Serra de Arrabida.
Davanti un mare immenso che quando lo guardi sai che alla fine c’è una terra immensa, il Brasile. Portogallo, terra di mare, di pesce, di concretezza e di una lingua dolce che illude e accompagna.
Mourinho è cattolico e parla sei lingue. Politicamente è un socialista moderato ed impegnato nella beneficenza. Noto per il carattere polemico e spigoloso è riuscito a trasformalo in un elemento vincente.
Incomincia nel 1981 come giocatore, ma non si fa notare. Le sue fortune nascono da allenatore, diventando famoso in sole due stagioni e mezza quando vince due campionati (2003 e 2004) una Coppa (2003) e una Supercoppa portoghese (2003), e poi anche la Coppa UEFA (2003) e la Champions (2004).
Nel 2004 passa al Chelsea dove fa il bis: vince di nuovo due campionati (2005 e 2006), due Coppe di Lega e poi ancora una Coppa di Inghilterra (2006 -2007) e una Supercoppa inglese (2005).
Poi arriva nel 2008 in Italia, all’Inter, dove vince due campionati (2009 e 2010), una Coppa Italia (2010), una SuperCoppa italiana (2008) e una Champions (2010). Poi va al Real Madrid e vince un campionato (2012), una Coppa del Re (2011) e una Supercoppa spagnola (2012).
Poi torna al Chelsea in cui vince un campionato (2015) e una Coppa di Lega (2015). Dal 2016 al 2018 lo troviamo alla guida del Manchester United dove vince la Supercoppa inglese (2016), una Coppa di Lega (2017) e una Europa League (2017).
Dopo una esperienza al Tottenham (2019 -2021) giunge alla guida della Roma (2021). Mourinho è l’allenatore più famoso del mondo ed ha vinto il possibile e l’impossibile. Il suo valore non l’ha dimostrato alla guida dei famosi team che ha condotto quanto proprio alla guida della Roma, una squadra che in campo internazionale non aveva vinto nulla se si esclude la semi-ufficiale Coppa delle Fiere nell’edizione del 1961.
La Roma che nella sua lunga storia ha dovuto subire presidenze come quella dell’americano James Pallotta che ha vinto “zero tituli” per rimanere nel linguaggio espressivo di Mourinho.
Pallotta ha fatto la figura dell’americano broccolo a cui Totò riesce a vendere la Fontana di Trevi. Ha perso un capitale sulle vicende dello Stadio della Roma, anche se è stato sfortunato ad incontrare sulla sua strada una sindaca come Virginia Raggi che (glie)ne ha combinate di tutti i colori e non solo in campo calcistico. I romani l’hanno poi punita ma ormai il danno era stato fatto. “Zero tituli, zero stadio” e Pallotta riesce finalmente a capire che l’hanno fregato e molla.
Poi finalmente l’arrivo di un Presidente vincente come Dan Friedkin che si è subito imposto ingaggiando il N.1 al mondo e cominciando a vincere.
Come dicevamo Mourinho è la rappresentazione plastica che il singolo fa la differenza. Se uno è bravo vince. Se uno è molto bravo vince molto, alla faccia di chi a Roma aveva cominciato a parlare male anche di lui.