L'avvocato del cuore
Eredità, come dividere tra fratelli i diritti sull'azienda di famiglia
Buonasera Avvocato, mio fratello ha 15 anni più di me e da quando si è laureato, nel 1998, lavora nell’azienda di famiglia, costituita da mio padre molti anni fa. Né io, che svolgo la professione di architetto, né mia sorella, maestra elementare, abbiamo mai avuto né una carica formale, né un ruolo operativo nella società. Ora mio padre, ormai molto anziano, ci ha annunciato di voler procedere alla stipula di un patto di famiglia in favore di mio fratello maggiore. In cosa consiste? Cosa ne sarà dell’azienda quando mio padre non ci sarà più? Questa operazione finirà per ledere in qualche modo la mia aspettativa ereditaria?
Gentile Signore,
l’istituto giuridico invocato da Suo padre, se utilizzato sapientemente, è lo strumento – molto utile, vantaggioso (anche fiscalmente, a certe condizioni) e ancora poco conosciuto ai più – che il nostro codice civile mette a disposizione degli imprenditori (o dei titolari di consistenti partecipazioni societarie), per garantire e blindare, anche in futuro, la corretta gestione aziendale e, al contempo, per dissipare anticipatamente eventuali dissidi che potrebbero emergere al momento della spartizione della loro eredità.
Questa complessa e, a tratti, criptica figura negoziale, volta a favorire i c.d. passaggi generazionali di imprese di tipo familiare, è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla riforma del 2006 (L. 14/2/2006 n. 55), per accogliere le istanze del mondo imprenditoriale, da un lato, e i moniti dell’Unione Europea, dall’altro.
L’art. 768 bis c.c. definisce il patto di famiglia “il contratto con cui l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti” (art. 768 bis c.c.).
L’oggetto di questo negozio giuridico – che deve rivestire, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico – viene dunque inequivocabilmente identificato dal legislatore nell’”azienda” (o ramo d’azienda) e nelle “partecipazioni societarie”, dunque tassativamente in beni c.d. produttivi.
L’obiettivo principale – che, con ogni probabilità, è ciò che ha indotto Suo padre a muoversi in questo senso – è quello di favorire la continuità, l’efficienza e la buona gestione dell’impresa, dando al disponente l’opportunità di trasferirla a chi, fra i propri eredi, ritiene capace di garantirla.
I suoi protagonisti sono l’imprenditore (o il socio) disponente, i discendenti (figli o nipoti) beneficiari, e i legittimari (e cioè coloro che, alla ipotetica morte del disponente, potrebbero, per legge, partecipare alla sua successione).
L’art. 268 quater c.c., infatti, impone che, alla formalizzazione del contratto costitutivo del patto di famiglia, partecipino anche “il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore”. Fra questi, rientrate senz’altro Lei e Sua sorella, che dunque, a pena di nullità, dovrete partecipare al contratto.
Non solo.
In quella sede, Vostro fratello maggiore (in qualità di beneficiario), al fine di rendere quanto ricevuto inattaccabile, a meno che Voi non vi rinunciate formalmente, Vi dovrà “liquidare con il pagamento di una somma“ corrispondente al valore delle quote di riserva, e cioè delle porzioni di eredità che, secondo le norme successorie, Vi spetterebbero, in quel momento, se il disponente (e cioè Vostro padre) venisse a mancare.
Per questo, la dottrina è solita riferirsi al patto di famiglia come a un “veicolo di successione anticipata e autonoma”. E, non a caso, rappresenta una deroga espressa al divieto che il nostro codice civile, all’art. 458, oppone ai patti successori (“è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione”).
Pertanto, non deve temere: il patto di famiglia, annunciato da Suo padre, se stipulato nel rispetto delle formalità previste dalla legge, non nuocerà in alcun modo né a Lei, né a Sua sorella, né agli altri, eventuali, eredi legittimari (per esempio, Vostra madre).
*Studio legale Bernardini de Pace