Lo sguardo libero
Autonomia fiscale? Sì grazie, in virtù del principio costituzionale del merito
Si tratta, più che di togliere i soldi al Sud, che il Nord se li riprenda
Il residuo fiscale è la differenza tra quanto le Regioni versano in tributi a Roma e quanto ricevono in servizi e investimenti. E’ giusto che il residuo della Lombardia sia a sfavore per 54 miliardi di euro/anno, mentre quello della Sicilia sia pari a -10 miliardi? Ossia che ciascun lombardo dia allo Stato 5mila euro che non rimangono e ritornano sul suo territorio, mentre il corrispettivo di un siciliano sia -2mila? Ciò sembra essere ingiusto. Per completezza (dati 2016 e per difetto…) il residuo a sfavore della Emilia-Romagna è di oltre 18 miliardi, quello del Veneto di 15, al contrario la Puglia si attesta a -6 miliardi, Campania e Calabria entrambe a -5.
Il premier Giuseppe Conte ha ricordato che il 15 febbraio sarà pronta la bozza sui cui definire l’autonomia coi governatori di Lombardia (Attilio Fontana), Veneto (Luca Zaia) ed Emilia-Romagna (Stefano Bonaccini). Le tre Regioni, sulla base dell’articolo 116 della Costituzione, con l’avvallo del referendum popolare dell’ottobre 2017 nel caso di Lombardia e Veneto, hanno chiesto di gestire l’autonomia, in 23 materie per quanto riguarda Lombardia e Veneto, in sole 15 in Emilia-Romagna.
Naturalmente ci sono state prese di posizione contrarie, non solo da parte di commentatori sulla stampa, ma anche di politici, come la ministra per il Sud Barbara Lezzi (5 Stelle) e i presidenti delle Regioni Campania (Vincenzo De Luca) e Calabria (Mario Oliverio), che temono che notevole parte delle tasse rimangano al Nord (nel referendum del Veneto si parlava dell’80%). In particolare Lezzi ha detto: “Alle Regioni non deve essere tolto”, porgendo il fianco alla replica più semplice: si tratta, sembra, più che di togliere i soldi al Sud, che il Nord se li riprenda.
Alcuni di coloro che paventano questa sorta di federalismo fiscale, sostengono che tutto ciò contrasti l’art. 117 della Costituzione, che prevede livelli essenziali nelle prestazioni e nei diritti garantiti su tutto il territorio. Come superare tale apparentemente paradossale contraddizione (da un lato l’autonomia, dall’altro i livelli essenziali)? La soluzione pare anch’essa nella Costituzione: il “merito”, principio che pervade le disposizioni in ambiti specifici (cultura e istruzione, lavoro, pubblici uffici) e in generale tutta la legge principale della Repubblica. Merito che è il sale della democrazia. Certo è difficile da capire e digerire in un Paese storicamente e intrinsecamente catto-comunista come l’ Italia.