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Coronavirus
Coronavirus, massacro per gli esercizi commerciali.A rischio oltre 30 miliardi

Se Totò inneggiava cantava di una “mala femmena” il Coronavirus ha portato un nuovo soggetto nel nostro vocabolario: si tratta della “mala movida”, evocata come uno spauracchio dalla Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi. In effetti, c’è da capire da dove provengono le rimostranze degli esercenti: se con il nuovo Dpcm viene introdotto l’obbligo di chiusura per bar e ristoranti alle 24, la diffida a creare assembramenti al di fuori dei locali e la necessità di contenere al minimo le interazioni sociali, si rischia ancora una volta di andare a colpire un comparto che si era appena iniziato a rialzare dopo mesi da tregenda.

Per questo Matteo Musacci, che è il presidente dei giovani di Fipe, ha commentato che "la chiusura dei locali alle 24 è un provvedimento che non ha senso. Perché posso stare seduto in un locale, con il rispetto dei distanziamento, dalle 23 alle 24 e poi non posso starci dalle 24 all'1?".

La situazione è difficile ed è acuita dal fatto che i giovani, una volta usciti dal locale, cioè un luogo protetto in cui stare insieme in modo che rispetti le norme, potrebbero continuare la serata all’aperto, senza distanziamento, senza più limitazioni di sorta. Una mala movida, appunto. Il settore, tra l’altro, lamenta l’assenza totale di un chiarimento dal governo su una domanda che – rifacendosi sempre a Totò – rischia di risolversi con la più famosa delle risposte: “E io pago”…

Già, se i locali si svuotano, se perdono incassi, se, di conseguenza, si vedranno costretti a lasciare a casa i dipendenti, come potranno continuare a sopravvivere se nel Dpcm non viene spiegato minuziosamente come far fronte ai minori incassi? Fino ad ora, secondo Bain, sono andati in fumo 14 miliardi di euro che, proiettati sull’anno, porterebbero a un ammanco di circa 30 miliardi, con conseguenti minori entrate per oltre 4 miliardi.

Il settore, d’altronde, rappresenta una fetta consistente della nostra economia: il 4% del Pil e il 5% dei posti di lavoro. Se si proiettano questi numeri su base annua, dunque, si parla di una perdita di fatturato fino al 40% del complessivo per il comparto bar e ristorazione, ovvero due punti di Pil lasciati per strada e 250-300mila posti di lavoro in pericolo, dal momento che sono quasi 100mila gli esercizi che sarebbero a rischio chiusura.

Nelle grandi città iniziano a vedersi gli effetti della grande crisi della ristorazione e, nonostante ci sia voglia di tornare a una vita normale, si registrano alcuni fallimenti eccellenti. A luglio, per esempio, quando i numeri erano decisamente più rassicuranti in termini di contagio, “solo” l’81% dei ristoranti stellati del nostro Paese aveva riaperto i battenti, nonostante questa tipologia di esercizio – per conformazione tradizionale e per necessità di garantire anche in epoca pre-Covid un maggiore spazio ai clienti – sia meno intaccata dalla riduzione del numero di coperti imposta dai precedenti Dpcm. 

Un settore, dunque, che non se la passa benissimo nonostante a gennaio di quest’anno la Fipe annunciasse un 2019 chiuso con 86 miliardi di fatturato, complice un incremento costante della spesa in ristoranti da parte degli italiani. La sola ristorazione, infatti, valeva 46 miliardi di euro. Ora le cose sono decisamente più in salita…

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    esercizi commerciali





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