Coronavirus
L'obbligo del green pass per lavorare è incostituzionale
Ma non c’è solo la Costituzione da considerare.
L’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, inglobata nel Trattato di Lisbona (e vigente nel nostro paese per effetto della legge di ratifica del Trattato di Lisbona) prevede espressamente che “ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica”, con espresso divieto “delle pratiche eugenetiche”. Il vaccino non può essere considerato una pratica eugenetica, peraltro esso di fatto è ancora sperimentale e riguarda comunque un intervento sul proprio corpo, che prevede sì un consenso ma si tratta di un consenso per nulla libero e adeguatamente informato. Che fare?
Sotto il profilo giuridico, al cospetto delle nuove norme introdotte dal decreto-legge n. 127 / 2021, il cittadino-lavoratore ha a sua disposizione la tutela giurisdizionale. Se destinatario di un provvedimento che lo inibisce dal presentarsi sul luogo di lavoro senza green pass con conseguente sospensione dalla retribuzione, potrà adire la sezione lavoro del Tribunale competente e chiedere l’annullamento del provvedimento. Il Giudice può far valere sin da subito la inderogabilità dei “diritti fondamentali” annullando il provvedimento discriminatorio, applicando in tal caso anche il Regolamento Ue n. 953/2021 che vieta ogni forma di discriminazione.
Sul punto, la sentenza della Corte costituzionale n. 170/1984 ha chiarito che il giudice nazionale, qualora si trovasse di fronte a norme interne configgenti con norme europee direttamente applicabili (regolamenti e direttive self-executing), deve disapplicare le norme di diritto interno e applicare quelle europee, tranne se queste ultime sono in contrasto coi “principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale” e coi “diritti inalienabili della persona” (sentt. 238/2014 e 284/2007). Nel caso di specie, almeno questa volta, a ledere i principi fondamentali e i diritti inalienabili della persona non sono le norme europee ma quelle nazionali. Infine, qualora il giudice avesse dei dubbi, potrà adire (quale giudice a quo) la Corte costituzionale e sollevare alla medesima i quesiti di illegittimità costituzionale che riterrà opportuni.Ma sotto il profilo politico non è ancora detta l’ultima parola.
Il Parlamento, infatti, benché ridotto finora a mero organo di ratifica, può ancora correggere il tiro attraverso il percorso di conversione in legge di questo decreto che è il più invasivo di tutti. Se davvero si volesse mettere un freno alle discriminazioni, sarebbe sufficiente che le Camere – con la legge di conversione - consentissero il rilascio del green pass (valido per 72 ore e non più per 48) anche a seguito di tampone salivare rapido, quello che fornisce il risultato dopo 15-20 minuti, calmierando il suo prezzo. Almeno questo il parlamento potrebbe riuscire ad ottenerlo, altrimenti non si capisce a cosa serva: a legittimare soltanto le scelte del governo?.