Coronavirus
L'obbligo del green pass per lavorare è incostituzionale
I controlli spettano ai datori di lavoro o loro delegati, ai quali si applica – in caso di inosservanza – la sanzione amministrativa da euro 600 ad euro 1.500, sanzione che si riduce da 400 a 1.000 euro per i lavoratori (art. 1, co. 7, 8 e 9). Una eccezione è prevista nel settore privato per le aziende con meno di quindici dipendenti, dove “dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata […] il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021”.
Insomma, senza il lasciapassare governativo, il lavoratore non perde il posto di lavoro ma - oltre a non potersi concretamente recare sul luogo di lavoro - perde la retribuzione (e di conseguenza anche i contributi previdenziali, ma su questo il governo non ha ancora fatto chiarezza), oltre ad essere soggetto ad una sanzione amministrativa. Non solo trattengono lo stipendio ma il lavoratore deve anche pagare per l’infrazione commessa. Insomma, il lavoratore viene punito due volte per lo stesso illecito. Nelle aziende con meno di quindici dipendenti il lavoratore può addirittura essere sostituito, con la conseguenza pratica che dopo la fine dello stato di emergenza il sostituto può soffiarli il posto.
La ratio di queste norme è quella, come scritto ormai in tutti i decreti finora emanati, di “prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2”, limitatamente alla durata dello stato di emergenza che, al momento, termina il 31 dicembre 2021. Potrà essere prorogato per un altro mese, fino al 31 gennaio 2022, quando scade la durata massima stabilita dal D.Lgs. n. 1/2018 per la dichiarazione del 31 gennaio 2020 (12 mesi + 12 mesi).
Questa estensione del green pass di fatto a tutto il “mondo del lavoro” fa sorgere seri dubbi di natura costituzionale proprio per la centralità che ha il lavoro nella nostra Costituzione. Vediamo alcuni punti.1. Il diritto più importante, quello su cui si fonda la Repubblica, è il lavoro: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art. 1, co. 1, Cost.), Se, con decreto-legge o anche con legge ordinaria, si subordina il lavoro al possesso di un lasciapassare sanitario, il principio fondante della Repubblica perde di efficacia e di tutela;
2. L’art. 2 della Costituzione stabilisce che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…”. Considerato che il luogo di lavoro è la formazione sociale più importante dove si svolge la personalità dell’individuo, se al lavoratore è impedito l’esercizio della sua attività lavorativa perché sprovvisto di green pass, si viola uno dei principi cardine del nostro ordinamento.
3. L’art. 3 della Costituzione sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Vaccinati, tamponati, guariti, sono “condizioni personali”, pertanto la sospensione dalla retribuzione del lavoratore che sia sprovvisto di green pass determina una evidente discriminazione del cittadino sulla base delle proprie condizioni personali;
4. medesimo discorso vale per l’art. 4 della Costituzione, che “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. L’obbligo del green pass, pena la sospensione della retribuzione, mortifica il diritto al lavoro e lo sottomette al diritto alla salute, che prevale su questo e su tutti gli altri diritti fondamentali;
5. il lavoro è tutelato anche dalle disposizioni costituzionali di cui alla Parte Prima della Carta, su tutte l’art. 35 che “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” e l’art. 36 che garantisce al lavoratore una retribuzione adeguata a condurre una vita dignitosa per sé e la sua famiglia.