Costume
Alberto Contri: “Su Ballando con le Stelle e Ddl Zan falsità dalla lobby Lgbt”
Intervista ad Alberto Contri, past president della Fondazione Pubblicità Progresso e docente di Comunicazione Sociale
In che senso ha fatto questa comparazione?
Trattandosi di un social media per professionisti, era un commento tecnico, che si riferiva innanzitutto alla necessaria sintonìa tra une rete e il suo pubblico, essendo quello di Raiuno essenzialmente famigliare. Ma con un problema in più, che volutamente viene ignorato: un conto è se i giurati si limitano a premiare le migliori performance, un conto è se intervengono ad ogni piè sospinto con la propria visione del mondo, contribuendo a fare opinione e a indirizzare quella dei telespettatori. Va detto che sui social e su un sito specializzato come vigilanzatv alcuni comportamenti ritenuti sboccati sono stati pure rilevati a più riprese. Poi ti crocifiggono perché hai detto che alcuni modi erano da “checca”. Ma era un giudizio estetico. Checca sta all’omosessuale come cafone sta all’etero. Mi pare di scarso gusto e pure paradossale invece farne volutamente oggetto di provocazioni per cercare audience e per dimostrarsi ad un tempo in linea con il politically correct.
Certo che uno come lei poteva stare più attento…
Ero veramente stufo, vedendo inoltre in azione una lobby che si nega sempre esista, e che invece oramai impera ovunque. Comunque c’è un fatto ancora più grave: quel post è stato in rete non più di un’ora, perché su consiglio della mia assistente l’ho prontamente cancellato. Ma ne è stato fatto lo screenshot, e compiendo un preciso reato è stato ri-postato ovunque per mesi. Fatto che nessuno ha avuto la buona fede di riferire. Parlai a suo tempo con il Capo della Polizia Postale e con uno studio legale specializzato in queste questioni, che mi dissero esserci tutti gli estremi per una causa vincente, ma che avrebbe comportato molti costi e molto tempo, e così ho lasciato perdere. Chi vuol leggere realmente come è andata può leggere il mio saggio La sindrome del criceto (Edizioni La vela, 2020) in cui elenco anche altre prodezze della lobby LGBT.
Ma lei ce l’ha con gli omosessuali?
Ma neanche per sogno: ho avuto la fortuna di essere amico personale di Lucio Dalla, Giovanni Testori, Franco Zeffirelli, tanto per elencare i più famosi. E ho scoperto che il vero omosessuale non fa della sua condizione una bandiera, ma la vive come una peculiarità, in alcuni casi come una superiorità intellettuale, che però ha anche degli ovvi limiti: non potere avere figli e non potere equiparare la propria eventuale convivenza al matrimonio eterosessuale come previsto dalla Costituzione. Per questo è stato individuato l’ottimo istituto delle Unioni Civili.
Sembra che lei alla Commissione Giustizia abbia parlato solo di Ballando con le Stelle.
È questo il punto. Poche parole in fondo alla relazione, come testimonianza personale di una vera e propria persecuzione ad opera di una lobby ben organizzata. Una tecnica che a Napoli chiamano “chiagni e fotti”. Gli interessati possono dare un’occhiata al contenuto della mia audizione sul mio profilo LinkedIn, in un post del 10 giugno 2021. Con tutta evidenza è stato un escamotage per evitare di parlare delle osservazioni che ho fatto, e certo non solo io. Giuristi, autorevoli rappresentanti del mondo femminista, costituzionalisti, medici e altri rappresentanti della società civile si sono espressi nelle audizioni con una dovizia di argomenti e con molto rispetto. Altro che basso livello. Tutti accomunati nella qualifica di “omofobi con osservazioni di basso livello, indegne del Senato”. Gli indegni invece sono i senatori che parlano così, e pure i giornalisti che li riprendono senza nemmeno approfondire un po’, come nel mio caso.
Ci vuol riassumere cosa ha detto in realtà?
Innanzitutto ho citato uno dei massimi teorici dell’ideologia gender, il professore canadese di storia Christopher Dummitt: “Mi vergogno profondamente nel vedere che le teorie che difendevo con tanto fervore, senza alcun fondamento, e mai provate, siano ora accettate nel mondo da così tante persone, istituzioni e governi.” In Italia ripreso solo da Il Giornale. Il che la dice lunga sulla libertà di informazione. Poi ho ricordato che secondo l’Osservatorio Oscad, i casi di violenza su base omofoba ogni anno sono solo qualche decina, tra l’uno e il dieci per cento del totale, per cui non si comprende dove stia l’urgenza di una legge del genere. O forse si capisce, perché nel decreto vengono surrettiziamente inseriti articoli improponibili in una legge penale, a causa di concetti vaghi e indefiniti. Come l’identità di genere auto-percepita, che nel nostro ordinamento giuridico non esiste. Ho ricordato che il presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick ha definito alcuni articoli meritevoli di essere sottolineati con la matita rossa e blu. E non è certo un conservatore oscurantista. Ho poi citato il Papa: “il gender è la forma più specifica in cui si manifesta il male oggi”. E il settimanale progressista L’Economist che ha scritto: “Una orwelliana polizia del pensiero censura le opinioni politiche e sociali, la lingua. Qualsiasi opinione contraria all’ortodossia libertaria si scontra con una forma di tolleranza zero che etichetta chi la esprime come razzista, omofobo o transfobico. I gruppi di minoranza stanno imponendo i loro valori e i loro stili di vita a tutti gli altri”.