Nei Paesi avanzati si fa sempre meno sesso
Two to tango — Parrebbe in corso, almeno nei paesi economicamente sviluppati, un generalizzato declino dell’attività sessuale umana. Risultati indicativi della tendenza sono stati trovati negli ultimi anni in Finlandia, in Giappone, negli Usa, nel Regno Unito, in Germania e altrove. Il calo sembra presente in maniera essenzialmente indifferenziata tra i giovani, le coppie sposate e gli anziani.
Almeno negli Stati Uniti—sempre avanti nella raccolta di statistiche del genere—l’anno del “peak sex” sarebbe stato il 1988. Allora, secondo dati del US Center for Disease Control and Prevention, rispetto ad oggi gli indici d’attività sessuale tra i teenager sarebbero stati più alti del 22% tra i maschi e del 14% tra le femmine. Il fenomeno si rispecchia in Giappone dove, secondo la Japan Family Planning Association, il 45% delle donne nel gruppo d’età tra i 16 e i 24 anni si dichiara “o non interessata o di disprezzare attivamente il contatto sessuale”. Un quarto del campione maschile è stato d’accordo. L’indifferenza giapponese all’atto riproduttivo contribuisce al drammatico crollo demografico in corso nel Paese.
Altrove non è chiaro quanto lo scarso desiderio sia un problema, almeno “di massa”. Negli Usa il GSSGeneral Social Survey, un’indagine condotta annualmente dal National Opinion Research Center dell’University of Chicago, indica che l’attività sessuale sarebbe comunque distribuita in maniera molto poco regolare: all’incirca il 15% degli adulti è responsabile della metà degli amplessi nella categoria. La disponibilità del sesso, in altre parole, sarebbe ancora più esclusiva di quella dei soldi in quanto, negli Stati Uniti, il 20% della popolazione possiede la metà della ricchezza…
Se il fenomeno della nuova astensione è abbastanza chiaro nei contorni, altrettanto non si può dire delle sue cause. Si è ipotizzato di tutto, a partire dall’arrivo dei televisori nelle camere da letto e l’invadenza degli smart phone, all’accresciuta disponibilità della pornografia in Internet oppure ai ritmi di lavoro frenetici, al consumo (o meno) della carne, all’arrivo dei prodotti della soia nelle diete occidentali, al generico “crollo del desiderio”, all’obesità, alla riduzione del testosterone maschile e perfino al “troppo sesso nelle pubblicità”—con il suggerimento che la gente, semplicemente, “se n’è stufata”... Le spiegazioni profferte spesso sembrano dipendere soprattutto dalla particolare critica del mondo moderno che più incontra i gusti di chi le propone.
È interessante la compresenza di un altro fenomeno imparentato e che, forse solo per un caso statistico, sembra occupare simili spazi sociali ed economici. L’attività sessuale, nelle fasce d’età che ne sono più ossessionate, è costosa: sia in termini di soldi sia nel dispendio di tempo richiesto per i preparativi, il corteggiamento e “l’esecuzione”.
Parallelamente al boom dell’astensione e in maniera proporzionale, è invece molto cresciuta in Occidente la spesa economica e temporale dedicata alla cura della persona: alla cosmesi, alle diete, agli esercizi “tonificanti” del corpo e a tutti gli aspetti della moda e dell’apparire. Non è detto che ci sia un nesso. Tuttavia, i dati di mercato indicano che spendiamo sempre di più per prepararci a fare ciò che poi non facciamo. Il relativo (e calzante) modo di dire americano è: “All dressed up and no place to go”.
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