Costume

Savoia, vent’anni fa la scomparsa dell’ultima Regina d’Italia Maria Josè

ANDREA CIANFERONI

Se ne parla sulla Rai nella trasmissione “Passato e Presente”, giovedì 28 gennaio alle 13.15 su Rai3 con Paolo Mieli e alle 20.30 su Rai Storia lo stesso giorno

Sono passati vent’anni dalla scomparsa, avvenuta il 27 gennaio del 2001 all’ospedale cantonale di Ginevra, della Regina Maria Josè di Savoia. Sulla vicenda umana dell’ultima Regina d’Italia se ne parlerà nella trasmissione “Passato e Presente”, in onda giovedì 28 gennaio alle 13.15 su Rai 3 e alle 20.30 su Rai Storia con la narrazione del giornalista Paolo Mieli e del professor Francesco Perfetti.

Era il 27 gennaio del 2001 quando all’ospedale cantonale di Ginevra se ne andava l'ultima Regina d'Italia Maria Josè di Savoia. Il referendum costituzionale del 2 giugno 1946 decretò la vittoria – da molti contestata – della repubblica sulla monarchia.  Sulla vicenda umana e istituzionale dell’ultima Regina d’Italia se ne parlerà nella trasmissione “Passato e Presente”, in onda giovedì 28 gennaio alle 13.15 su Rai 3 e alle 20.30 su Rai Storia con la narrazione del giornalista Paolo Mieli e dal professor Francesco Perfetti.

I funerali di Maria Josè, il 2 febbraio 2001 nell’abbazia di Hautecombe in Francia, furono l’ultimo grande evento mediatico per la ex casa regnante italiana. Maria Josè veniva salutata per l’ultima volta con l’inno sardo "Conservat su re sardu", cantato anche durante le sue nozze con Umberto II, da Alberto II del Belgio con la consorte la regina Paola Ruffo di Calabria, il Re di Spagna Juan Carlos, i Granduchi Jean e Charlotte del Lussemburgo, il principe Alberto di Monaco, l’ex imperatrice di Persia Farah Diba, l’ex re Simeone di Bulgaria, Carlo e Camilla di Borbone delle Due Sicilie e da tutte quelle famiglie rimaste fedeli a Casa Savoia anche nei lunghi anni dell’esilio: i Giovanelli, Giorgiana Corsini, i Moncada di Paternò , le dame e i cavalieri dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e una folta delegazione di infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana, di cui Marià Josè era ispettrice nazionale.

L'AFFARE DI STATO DEL MATRIMONIO TRA MARIA JOSE' DEL BELGIO ED IL PRINCIPE UMBERTO D'ITALIA

Nata principessa Sassonia Coburgo Gotha, Maria Josè era la figlia del Re dei Belgi Alberto I di Sassonia Coburgo Gotha e di Elisabetta di Baviera. Crebbe con i due fratelli maggiori Leopoldo, futuro Re dei Belgi, e Carlo Teodoro in un ambiente culturalmente aperto e stimolante, potendo sviluppare la passione per il pianoforte e il violino. Passione che poi continuò a esercitare all’educandato del Poggio Imperiale a Firenze, il collegio italiano scelto dai genitori in previsione delle nozze con il principe ereditario Umberto di Savoia. Era infatti ancora in uso tra le famiglie reali europee, ancora agli inizi del XX secolo, combinare i matrimoni  dei propri figli, veri e propri affari di Stato tra le potenze europee che, è bene ricordarlo, fino alla Prima Guerra Mondiale, erano tutte monarchie, ad eccezione della Francia. E fu così che Maria Josè trascorse alcuni anni della propria infanzia tra le collegiali della Santissima Annunziata del Poggio Imperiale, scuola statale ancora oggi molto ambita dalla borghesia italiana, nel quale imparò l’italiano ed ebbe alcune occasioni per incontrare il futuro sposo. Il primo incontro fra i due principi avvenne quando Maria Josè aveva 12 anni e Umberto 14. I sogni di un matrimonio felice con Umberto, il più bel principe d’Europa, rimasero tali almeno fino alla prima notte di nozze l'8 gennaio 1930, che il rampollo Savoia preferì passare con i più intimi amici. Grandi erano le loro differenze caratteriali, e altrettanto grandi erano le differenze culturali tra la corte italiana e quella belga. La prima rigida e ossequiosa della forma, la seconda più liberale e aperta alle novità, tanto che non erano un mistero le simpatie socialiste di Re Alberto. Differenze che si evidenziarono sempre di più nei duri anni della guerra quando Maria Josè, in aperta sfida del regime fascista e del suocero Vittorio Emanuele III che certo non l’amava, ma che molti anni prima l’aveva scelta per la ricca dote, intrattenne rapporti con esponenti della Resistenza e del mondo culturale antifascista. Umberto, invece, si limitava a seguire i precetti del padre che però non lo coinvolgerà mai nelle scelte di Stato, tanto che era famosa a corte la frase “In casa Savoia si regna uno alla volta”. E Umberto, per la grande deferenza al padre, che era anche il suo superiore militare, non osò mai contrastare scelte dolorose, come quella di lasciare all’improvviso Roma per Pescara l’8 settembre, senza avvertire i vertici militari, che si ritrovano quindi senza comandi. Un sbaglio che lo stesso Umberto, incalzato da Nicola Caracciolo nella celebre intervista filmata, l’unica che l’ex sovrano dette in 37 anni di esilio a Cascais, ammise di aver fatto. Un passo falso che determinerà la scelta repubblicana anche di molti moderati nel referendum istituzionale.

LA REGINA MARIA JOSE SI ASTENNE AL REFERENDUM MONARCHIA REPUBBLICA: NON LO CONSIDERAVA ELEGANTE

Se Umberto non hai mai voluto parlare degli esiti del referendum, la Regina invece si lasciava andare, dicendo di non aver votato né per la monarchia né per la repubblica, “perché non mi sembrava elegante votare per me stessa”. Dopo alcuni mesi insieme in Portogallo, le strade di Umberto e Maria Josè si sì divideranno molto presto. Il primo a Cascais con le figlie Maria Pia, Maria Gabriella e Maria Beatrice, la seconda a Ginevra con il figlio Vittorio Emanuele. Il resto è cronaca rosa nei rotocalchi popolari del Dopoguerra, con le storie d’amore movimentate delle giovani principesse Savoia, come quella di Beatrice detta “Titti” con Maurizio Arena, e qualche volta cronaca nera, come l’incidente di Cavallo in cui rimase coinvolto Vittorio Emanuele, poi prosciolto da ogni accusa, ma che costò la vita ad un giovane ragazzo tedesco.  A far parlare di casa Savoia ci pensa oggi Emanuele Filiberto, il quale dopo una esperienza con i food trucks sulle strade americane, ha recentemente aperto il ristorante italiano Prince of Venice a Westwood, il quartiere dei vip (insieme a Beverly Hills) di Los Angeles. Una scelta che, pare, stia avendo successo e che esalta le eccellenze italiane negli Usa come la famosa pizza Margherita (di Savoia, la prima Regina d’Italia), e che ha forse fatto capire all’erede sabaudo che è più facile mettere a frutto il suo nome nel campo dell’imprenditoria (e della ristorazione) piuttosto che in quello politico, come già sperimentato nel passato senza grande esito. Più nell’ombra e meno mediatici, i cugini Savoia-Aosta, con Amedeo che abita nella campagna toscana con la seconda moglie Silvia Paternò (anche lei crocerossina, ndr) e che rappresenta gli animi dei monarchici delusi dai comportamenti poco “ortodossi” del ramo principale e con Aimone, figlio di Amedeo, manager della Pirelli a Mosca dove vive da venti anni con la moglie Olga di Grecia, figlia del Principe Michele di Grecia e di Marina Karella. Dalle loro nozze sono nati Umberto, Amedeo, Isabella.

NESSUNA CERIMONIA E' PREVISTA ALL'ABBAZIA DI HAUTECOMBE A CAUSA DELL'EMERGENZA COVID-19

A causa della persistenza della pandemia da Coronavirus, in occasione del ventennale della scomparsa della Regina d’Italia non sono previste funzioni pubbliche di rilievo né a Hautecombe in Francia, dove è sepolta insieme a Umberto II, né in altre parti d’Italia. Il figlio Vittorio Emanuele, che compirà 84 anni il 12 febbraio di quest’anno, lo stesso giorno della moglie Marina, dalla sua villa a Gstaad in Svizzera, ha diramato il consueto messaggio di fine anno agli italiani nel quale, oltre a ricordare il difficile momento che stiamo vivendo, ricorda la figura della madre, sottolineando il “Suo coraggio di fronte a ogni avversità della vita, anche grazie a un volume recentemente pubblicato per le cure della Croce Rossa Italiana e dedicato al Suo lavoro di infermiera volontaria. Si parla tanto di “resilienza”: ecco, penso che gran parte della vita di mia Madre, in particolare durante la Seconda Guerra Mondiale, sia stata vissuta nel segno di tale virtù. Soprattutto, Maria José ha saputo farmi comprendere l’importanza di un sorriso che, accanto all’ironia, è sempre il miglior farmaco per affrontare le contrarietà di ogni giorno, piccole e grandi. Il mio augurio - continua Vittorio Emanuele - è dunque quello che il 2021 possa restituire a tutti noi e ai nostri cari quel sorriso che la pandemia ha spento solo per qualche istante. E non per sempre”.  

MARIA JOSE' ISPETTRICE GENERALE DEL CORPO INFERMIERE VOLONTARIE DELLA CROCE ROSSA ITALIANA 

Maria Josè fu nominata il 1 settembre 1939, fino all’avvento della repubblica nel 1946, Ispettrice generale del corpo delle Infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana, le famose crocerossine. “Sorella di Piemonte, come veniva spesso chiamata, già Infermiera Volontaria in Africa Orientale Italiana durante la guerra in Etiopia nel 1936, Maria Josè procedette ad una riorganizzazione del Corpo tale da migliorarne l’efficienza e la capacità di azione, non solo per ciò che concerne gli aspetti più strettamente sanitari. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la consorte di Umberto II presiedette con abnegazione le attività della Croce Rossa, visitando personalmente i numerosi feriti ricoverati nei vari ospedali civili e militari, si batté perché i servizi resi fossero all’altezza della grave situazione e fu spesso ostacolata dal regime fascista per questo suo attivismo. Anche a ridosso del referendum istituzionale, Maria José, rientrata in Italia dalla Svizzera,  volle svolgere i suoi compiti istituzionali a fianco delle “Sorelle” come fu ricordato nei diari di Umberto Zanotti Bianco e di Vittorina Paoletti.  Dirà lei stessa, anni dopo, dall’esilio“Non c’era tempo per le nostalgie. Mancavano le bende, i farmaci e gli stessi letti per i feriti. La mia presenza fra le corsie ridava morale alle famiglie e al personale medico che, in quella situazione, si sentiva abbandonato a se stesso. Ovviamente non c’erano grandi fondi da utilizzare, tuttavia con le altre Crocerossine riuscimmo a dar vita a una catena di solidarietà: ognuno metteva a disposizione ciò che poteva”. Un’opera, la sua, interrotta il 6 giugno 1946: quel giorno, l’Incrociatore Duca degli Abruzzi l’avrebbe condotta al suo esilio, prima in Portogallo e poi a Ginevra. La nave salpava dal Molo Beverello di Napoli: lo stesso che dieci anni prima la vide partire entusiasta nella sua uniforme di crocerossina alla volta dell’Etiopia.

LA SERIE TELEVISIVA SULLA VITA DI MARIA GIOVANNA DI SAVOIA VEDOVA DEL DUCA CARLO EMANUELE 

A venti anni dalla scomparsa della sovrana sabauda, i Savoia tornano protagonisti, ma solo in tv, con la serie Madama Reale dedicata a Maria Giovanna Battista di Savoia.  Dopo il grande successo internazionale della serie The Crown, ispirata alla storia dei Windsor, una coproduzione italo francese racconterà le vicende di Marie-Jeanne de Nemours, Reggente di Savoia nel 1675 in quanto vedova del duca Carlo Emanuele, che si ritroverà a sfidare il Re Luigi XIV seguendo le proprie regole e sfidando apertamente gli uomini del tempo. La serie arriverà sugli schermi italiani nel 2022 grazie ad un lavoro di squadra messo in campo da Regione Piemonte, Film Commission Torino Piemonte, FIP Film Investimenti Piemonte.  Al progetto si è unita anche la Lume Torino e la casa francese Le Films d'Ici. A fare da sfondo al racconto ci sarà Torino ed il suo bellissimo Palazzo Madama, Palazzo Reale, la Reggia di Venaria ed altri luoghi del Piemonte. La serie tv, scritta da Laura Piani e Tara Mulholland, racconterà le vicissitudini politiche e personali di una donna che voleva rafforzare il ruolo internazionale della Savoia, ma allo stesso tempo viveva con disinvoltura ostentando i suoi giovani amanti, vendicandosi allegramente delle amanti del defunto marito e facendo tutto ciò che era in suo potere per trasformare Torino in una capitale internazionale. Il progetto prevede sei episodi da 52 minuti.

IL LIBRO DI MASSIMO FRANCO SU GIULIO ANDREOTTI SVELA ALCUNI RETROSCENA DELL'EREDITA' SAVOIA 

E sempre a venti anni dalla scomparsa di Maria Josè, e in occasione dell’apertura dell’Archivio apostolico (l’ex Archivio Segreto Vaticano), per gli anni 1939 – 1958, vengono svelati nel libro di Massimo Franco «C’era una volta Andreotti. Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese» (Ed. Solferino, 16 euro) alcune carte inedite che svelano le trattative più riservate tra neonata Repubblica italiana e gli eredi della monarchia sabauda per quanto riguarda l’eredità di Vittorio Emanuele III. Dalle carte analizzate da Massimo Franco si evince un interessamento benevolo del futuro presidente del Consiglio, all’epoca alle prime esperienze politiche in qualità di sottosegretario, nei confronti di Casa Savoia per quanto riguarda la delicata questione dell’avocazione da parte dello stato dei beni privati degli ex re. In un appunto scritto a macchina, in un foglio con l’intestazione «Archivio della Segreteria di Stato», anno 1948, si legge: «Il Marchese Solaro del Borgo fa presente l’urgenza di un interessamento della Santa Sede presso l’On. Andreotti per definire la questione del Patrimonio di Casa Savoia specie per quel che riguarda i beni di Londra». In un altro appunto si legge: «È fatta presente l’urgenza di un interessamento presso S.E. Andreotti, allo scopo che sia definita la questione del patrimonio di Casa Savoia, specialmente per quanto riguarda i beni di Londra, per i quali si corre il pericolo di una prossima scadenza e di una tassa di successione del 72 per cento. Si desidererebbe che S.E. Andreotti facesse qualche pressione su Peano». In un terzo appunto si legge: «Appunto per S.E. il Sostituto», «Il Marchese Solaro del Borgo fa presente l’urgenza di un interessamento della Segreteria di Stato presso S.E. Andreotti allo scopo che sia definita la questione del Patrimonio di Casa Savoia».  

LA MANO DI GIULIO ANDREOTTI SULLA QUESTIONE DEI BENI PRIVATI DEI SAVOIA DEPOSITATI A LONDRA

Luigi Peano era un avvocato e prefetto politico a Perugia, diventato nel 1948 il commissario scelto da Alcide De Gasperi per amministrare i beni della corona dopo la soppressione del ministero della Real Casa. Mentre quando si parla della Segreteria di Stato vaticana si fa riferimento a Giovan Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. La richiesta di “triangolazione” nei rapporti tra Stato italiano e Casa Savoia era probabilmente necessaria per evitare rapporti diretti tra l’uomo di fiducia di Umberto II, il marchese Solaro del Borgo, con Alcide De Gasperi che sulla questione era abbastanza indifferente, se non sfavorevole, mentre Andreotti appariva più simpatizzante per la causa monarchica, tanto si dicesse, anche se non ci sono mai state affermazioni dell’interessato in tal senso, che il sottosegretario democristiano, al referendum istituzionale monarchia repubblica avesse votato per la prima. La questione dei beni privati di Casa Savoia, e nello specifico della assicurazione sulla vita che Umberto I aveva depositato alla fine del 1800 in una banca inglese, non era di facilmente risolvibile, anche in virtù dell’avocazione dei beni Savoia in seguito all’entrata in vigore la nuova Costituzione italiana il 1° gennaio 1948. C’era poi stato anche il contenzioso a Londra con lo Stato inglese che inizialmente aveva posto sotto sequestro i beni “inglesi” dei Savoia in quanto questi ultimi ex nemici nella Seconda Guerra Mondiale. Contenzioso poi risoltosi dopo l’armistizio.

LO SCONTRO TRA L'AVVOCATURA DELLO STATO E MINISTERO DELLE FINANZE SUI BENI PRIVATI DI CASA SAVOIA

Le quattro figlie di Vittorio Emanuele III, che era morto il 28 dicembre 1947, quattro giorni prima dell’entrata i vigore della costituzione dovevano dividersi l’eredita (Umberto era escluso in quanto ex re e quindi non beneficiario per le diposizioni della costituzione repubblicana) e tutto sembrava filare liscio: l’Avvocatura dello Stato aveva dato parere positivo, ma il ministero delle Finanze si era opposto, tanto da sequestrare tutto il patrimonio. Negli appunti vaticani tornati alla luce si continua a leggere: «da tale situazione è derivato un risveglio di ideologie monarchiche che evidentemente non aiutano a stabilire una solidarietà per il nuovo regime istituzionale, mentre si compie una ingiustizia nei confronti di persone che non hanno che benemerenze verso il Paese...». In sostanza Solaro del Borgo invita Andreotti a perorare la questione ereditaria Savoia anche per andare incontro al sentimento dei moderati italiani, che vedevano lesi dei diritti personali patrimoniali della famiglia reale e al tempo stesso evitare al nuovo regime repubblicano rivendicazioni di stampo monarchico. Alla fine i Savoia ebbero quello spettava loro. Una delicata e difficile trattativa era andata in porto in un Paese ancora dilaniato dai postumi della guerra, e la grande abilità di mediare farà guadagnare al leader democristiano una delle carriere politiche più lunghe della storia repubblicana italiana.