Cronache

Caporalato, indagata moglie capo immigrazione Viminale. Lui si dimette

Indagate 16 persone di cui 5 ai domiciliari. L'intercettazione e l'ordinanza

L'indagine ha interessato attività comprese tra luglio ed ottobre 2020

Il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del ministero dell'Interno, Michele di Bari "ha rassegnato le proprie dimissioni", accettate dal ministro Lamorgese.

La moglie di di Bari, è tra le 16 persone indagate in un'inchiesta per caporalato dei Carabinieri e della procura di Foggia che ha portato all'arresto di cinque persone, due delle quali in carcere. In cella sono finiti due cittadini stranieri, un senegalese e un gambiano mentre nei confronti degli altri tre arrestati da parte dei carabinieri sono stati disposti i domiciliari. Per gli altri 11 indagati, tra i quali appunto la moglie del prefetto Di Bari, è scattato l'obbligo di firma.

L'indagine, che ha interessato attività comprese tra luglio ed ottobre 2020, ha portato anche ad una verifica giudiziaria su oltre dieci aziende agricole riconducibili ad alcuni degli indagati.

In carcere sono finiti due cittadini stranieri, un senegalese e un gambiano, mentre nei confronti degli altri tre arrestati da parte dei carabinieri sono stati disposti i domiciliari.

Per gli altri 11 indagati, tra i quali appunto la moglie del prefetto Di Bari, è scattato l'obbligo di firma. L'indagine, che ha interessato attività comprese tra luglio ed ottobre 2020, ha portato anche ad una verifica giudiziaria su oltre dieci aziende agricole riconducibili ad alcuni degli indagati.

'Desidero precisare che sono dispiaciuto moltissimo per mia moglie che ha sempre assunto comportamenti improntati al rispetto della legalità. Mia moglie, insieme a me, nutre completa fiducia nella magistratura ed è certa della sua totale estraneità ai fatti contestati", ha affermato il prefetto

L'inchiesta - Reclutavano tra le baracche del ghetto di Borgo Mezzanone (Foggia) manodopera per aziende agricole del territorio da impiegare nei campi del Foggiano. E' questo il contesto dell'indagine dei carabinieri e della procura di Foggia che ha portato all'arresto di 5 persone e all'obbligo di firma per altre 11 tra le quali la moglie del prefetto Michele di Bari, capo del dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione del Viminale che si è dimesso appena appreso dell'inchiesta. I due finiti in carcere - un 33enne gambiano e un 32enne senegalese che vivevano nel ghetto - erano secondo gli investigatori "l'anello di congiunzione" tra i rappresentanti delle varie aziende del settore agricolo della zona e i braccianti.

Alla richiesta di forza lavoro avanzata dalle aziende, i due si attivavano e reclutavano i braccianti all'interno della baraccopoli, provvedevano al loro trasporto preso i terreni e li sorvegliavano durante il lavoro, pretendendo 5 euro per il trasporto e altri 5 euro da ogni bracciante per l'attività di intermediazione. E' stato accertato che il principale dei due reclutatori si occupava anche di dare direttive ai braccianti sulle modalità di comportamento in caso di controlli.

"Caporali, titolari e soci delle aziende avevano messo in piedi un apparato quasi perfetto - sottolineano i carabinieri - che andava dall'individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento della stessa, fino al sistema di pagamento, risultato palesemente difforme rispetto alla retribuzione stabilita dal Ccnl, nonché dalla tabella paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia".

Le buste paga, infatti, sono risultate non veritiere, poiché nelle stesse venivano indicate un numero di giornate lavorative inferiori a quelle realmente prestate dai lavoratori, senza tener conto dei riposi e delle altre giornate di ferie spettanti. I lavoratori, tra l'altro, non venivano neanche sottoposti alla prevista visita medica.

E' socio amministratore di una delle dieci aziende coinvolte nell'indagine dei Carabineri di Foggia, la moglie dell'ormai ex capo dipartimento Immigrazione del Viminale Michele di Bari, indagata nell'inchiesta della procura pugliese che coinvolge 16 persone, 5 delle quali arrestate. L'accusa ipotizzata per tutti è a vario titolo di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

"Sbarchi clandestini raddoppiati, 100.000 arrivi negli ultimi due anni, un'Europa su questo tema assente e lontana. E oggi le dimissioni del capo dipartimento dell'Immigrazione. Disastro al Viminale, il ministro riferisca immediatamente in Parlamento". Così riferiscono fonti della Lega in una nota.

L'intercettazione

Un bracciante chiede ''quant'è la paga?'' e il caporale risponde che il pagamento non sarà all'ora ma a ''giornata'' e pari a 35 euro al giorno per 6 ore una somma che risulta ''palesemente difforme alle tabelle del contratto collettivo nazionale che preveda una somma netta di euro 50.05 per 6.30 di lavoro''. E' quanto emerge da un'intercettazione tra un bracciante e il caporale riportata nell'ordinanza di applicazione di misure cautelari del gip di Foggia. Bakarv Saidy, gambiano, considerato il caporale, secondo quanto si legge nel provvedimento, ''si faceva pagare 5 euro da ogni bracciante per l'attività di intermediazione'' con le aziende agricole.

L'ordinanza

Per Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del prefetto Michele Di Bari, ex capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno, il gip di Foggia ha disposto ''le misure cautelari dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per due volte a settimana e dell'obbligo di dimora nel comune di residenza''. E' quanto si legge nell'ordinanza di applicazione di misure cautelari relativa all'inchiesta della procura sul caporalato nel foggiano. Secondo quanto si legge nel provvedimento la società Azienda Agricola Bisceglia Ss, che sfruttava la manodopera dei braccianti, è amministrata proprio dalla donna.

La moglie del prefetto Michele Di Bari, Rosalba Livrerio Bisceglia, è ''consapevole delle modalità delle condotte di reclutamento e sfruttamento, nella misura in cui si rivolge ad un soggetto, Saidy, di cui non può non conoscersi il modus operandi''. E' quanto scrive il gip di Foggia nell'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali relativa all'indagine dei carabinieri sul caporalato nella provincia di Foggia. Dalle indagini è emerso che Rosalba Livrerio Bisceglia ''ha impiegato per oltre un mese braccianti reclutati dal caporale'' a cui si ''è rivolta direttamente'', si legge ancora nel provvedimento. I dialoghi sulle modalità di pagamento, successivi all'attività di controllo, scrive il gip nell'ordinanza, ''costituiscono dati univoci del ruolo attivo dei Bisceglia nella condotta illecita di impiego e utilizzazione della manodopera reclutata da Saidy, in quanto rivelano una preoccupazione e una attenzione per la regolarità dell'impiego della manodopera solo successiva ai controlli''.

Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del prefetto Michele Di Bari, ex capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno, ''evidentemente si occupava dell'assunzione della manodopera, attività che peraltro svolgeva senza conoscere direttamente i braccianti e sulla sola base dei documenti'' che le forniva il caporale. E' quanto si legge nell'ordinanza di applicazione di misure cautelari del gip di Foggia relativa all'indagine sul caporalato nel foggiano che ha portato al blitz dei carabinieri di oggi.

"Porta da Nico tutti i documenti'' e ancora ''devi portare prima perché così io devo fare ingaggi'' e poi ''il giorno dopo iniziate a lavorare''. Sono le parole della moglie del prefetto Di Bari, Rosalba Livrerio Bisceglia, intercettata in una conversazione con Bakary Saidy, arrestato nell'inchiesta dei carabinieri contro il caporalato in provincia di Foggia, considerato caporale dei migranti impiegati in azienda, secondo l'ordinanza di applicazione di misure cautelari. I due stanno parlando di documenti e di ingaggio.

"Percepita la presenza dei Carabinieri, i braccianti presenti si allarmavano e quattro di loro, di etnia africana, si davano alla fuga per evitare il controllo facendo perdere le loro tracce nei campi limitrofi". E' quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 16 persone (due in carcere, tre ai domiciliari e undici tra obblighi di dimora e obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) all'origine dell'operazione anti-caporalato di oggi. Nel corso di una conversazione telefonica veniva spiegato che "erano rimasti sul fondo solo i braccianti con i documenti e che invece 'noi, senza documenti, siamo andati via', indirettamente confermando -si legge nell'ordinanza- non solo che alcuni dei braccianti che si erano recati a lavoro non erano regolarmente assunti, ma anche che gli stessi si erano dati alla fuga proprio per sottrarsi al controllo da parte degli Ispettori".

La violazione, "reiteratamente" della normativa di settore "relativa all'orario di lavoro ed ai periodi di riposo", in quanto i lavoratori erano impiegati "nelle attività di coltivazione dei campi senza riconoscere loro la retribuzione per l'orario di lavoro straordinario, senza pause (salvo una di che una pausa breve per il pranzo) e senza consentire l'utilizzo di servizi igienici idonei". E' la situazione delineata nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 16 persone (due in carcere, tre ai domiciliari e undici tra obblighi di dimora e obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) all'origine dell'operazione anti-caporalato di oggi. In particolare, emerge "un assoluto disinteresse" verso il rispetto delle norme poste a tutela del lavoro, "come se i braccianti fossero di "proprietà".

Di Bari è stato prefetto di Vibo Valentia, dal 2012 al 2013, e di Modena, dal 2013 al 2016, e di Reggio Calabria fino al 2019. Dal 14 maggio 2019 - quando a capo della sicurezza italiana vi era il leader della Lega Matteo Salvini - di Bari è a capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.