Cronache
Coronavirus, anticorpi potrebbero essere inutili e far ammalare più gravemente
Uno studio ipotizza che aver sviluppato gli anticorpi al Covid-19 potrebbe non essere d’aiuto ma anzi potrebbe causare il contagio di forme più forti del virus
Gli anticorpi acquisiti dall'infezione provocata da Sars-CoV-2 non solo potrebbero non proteggerci da una nuova infezione, ma aumenterebbero le probabilità di svilupparne una nuova più violenta e più grave.
L'allarmante ipotesi arriva da uno studio condotto da un team di ricercatori dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Burlo Garofalo di Trieste, in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine. I risultati sono stati pubblicati sul British Medical Journal Global Health.
"La pandemia di Covid-19 - spiega Luca Cegolon, epidemiologo presso l'Ausl 2 di Marca Trevigiana di Treviso - ha colpito 212 Paesi in tutto il mondo a vari livelli. La maggior parte delle infezioni 19 è asintomatica o si manifesta con problemi respiratori da lievi a moderati, come febbre, tosse, mal di gola, mialgia, affaticamento o polmonite non grave, ma circa il 15 per cento dei pazienti sviluppa una polmonite grave e il 5-6 per cento richiede cure in terapia intensiva".
L'autore sottolinea che il decesso può avvenire in media 17,8 giorni dopo l'esordio dei primi sintomi. "In Italia si è verificato il numero piu' elevato di casi dopo Stati Uniti e Spagna - continua il ricercatore - e il terzo numero totale più alto di decessi attribuito a Covid-19 dopo gli Stati Uniti e il Regno Unito".
Molte le ipotesi per spiegare queste discrepanze: dall'età della popolazione allo stile di vita fino alla qualità dell'aria e all'iniziale sottovalutazione del rischio. Ma tutte queste sembrano non essere sufficienti. Da qui l'ipotesi allarmante dei ricercatori: la presenza di anticorpi di precedenti infezioni da Sars-CoV-2 o di altri coronavirus potrebbe influenzare la probabilità di contrarre la malattia in forma più acuta. "Ipotizziamo che cicli ripetuti di infezione all'interno di una comunità potrebbero avere il potenziale per causare forme più gravi di Covid-19, con sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), come osservato durante l'epidemia Sars del 2003", dice Cegolon.
Per i ceppi più pericolosi di coronavirus, come ad esempio il Mers-CoV ed il Sars-CoV, è stato identificato un fenomeno immunologico noto come Antibody Dependent Enhancement (Ade), scatenato da re-infezioni. "In pratica, non solo l'immunità acquisita non sembra proteggere dalle re-infezioni da coronavirus, ma può addirittura diventare un boomerang, alleandosi con il virus stesso durante infezioni secondarie per facilitarne l'ingresso nelle cellule bersaglio, sopprimere l'immunità innata e scatenare o amplificare una reazione infiammatoria importante dell'organismo", spiega il ricercatore.
Secondo gli studosi, in chi si è già ammalato l'anticorpo preesistente riuscirebbe a sopravvivere e creerebbe una risposta infiammatoria amplificata con una riduzione della risposta innata. Gli autori aggiungono che questo studio potrebbe rivelarsi importante nell'ambito della ricerca di un vaccino efficace e soprattutto per l'applicazione di nuove norme comportamentali da adottare nei confronti del virus.
"Per verificare la fondatezza della nostra teoria - conclude Cegolon - saranno necessarie ulteriori osservazioni sui pazienti. Nel frattempo, è fondamentale puntare sulla prevenzione, dobbiamo approfittare dell'aumento delle temperature per potenziare l'immunità e prepararci all'autunno con interventi farmacologici che possano proteggere le vie d'accesso al virus".