Cronache

Coronavirus, lo psicologo Giorgi: "Tornerà la necessità delle emozioni"

INTERVISTA/ Ansia, oppressione, stress, paure multiple: l'impatto psicologico del COVID-19 analizzato dallo psicologo Gabriele Giorgi

"E' un momento molto difficile, le persone stanno vivendo degli stati di stress, dovendo cancellare le proprie abitudini e non potendo svolgere normalmente la propria vita. E questo può portare ansia, oppressione, situazioni di paure multiple". A dirlo lo psicologo Gabriele Giorgi in un'intervista ad Affaritaliani.it in cui analizza l'impatto psicologico del coronavirus e in cui spiega come questa pandemia potrà influenzare la vita emotiva degli italiani anche in futuro.

Gabriele Giorgi, quali sono le principali conseguenze del virus?

Metaforicamente possiamo dire che è rappresentato come un "cigno nero" che sta rivoluzionando la vita di tutti, tra eventi cancellati, chiusura della maggior parte dei posti di lavoro, isolamento relazionale, fino a parlare di reclusione forzata. Ciò si riflette sulla salute di tutti affacciandosi anche su quelli che sono gli effetti economici di una potenziale crisi.

Quali sono invece gli effetti della ‘quarantena’ sulle persone chiuse nelle proprie abitazioni?

E' un momento molto difficile, le persone stanno vivendo degli stati di stress, dovendo cancellare le proprie abitudini e non potendo svolgere normalmente la propria vita. E questo può portare ansia, oppressione, situazioni di paure multiple. La paura del coronavirus può può portare ad altre paure, inoltre il rischio è anche quello della messa in atto di strategie errate per far fronte all’emergenza, come per esempio il consumo di alcol, fumo, abitudini alimentari scorrette, che ovviamente non fanno altro che peggiorare lo stato emotivo già provato delle persone. Le persone essendo isolate e chiuse tendono anche a rimuginare troppo, a ossessionarsi sulla pericolosità e le conseguenze del coronavirus. Inoltre, molte persone sono obbligate a lavorare da remoto e questo può comportare un vero e proprio abuso delle tecnologie digitali, sia per motivazioni professionali che per svago. Ciò rischia di diventare una dipendenza, si parla di ‘iper-tecnologizzazione’.

A necessitare di sostegno psicologico sono soprattutto i contagiati e il personale sanitario?

In questo momento le persone che stanno soffrendo di più sono le persone interessate da problemi di salute legati a questo virus da una parte, e dall’altra gli operatori sanitari, che potremmo chiamare ‘guerrieri in trincea’, fra l’altro ad alto rischio di contrarre il contagio. Quindi è necessario senza dubbio un supporto di tipo psicologico. Il supporto deve essere legato in particolar modo all’organizzazione stessa del lavoro, che comprende la disposizione di turni corretti che servano a evitare un carico eccessivo. Troppo lavoro infatti può avere ripercussioni sulla salute mentale, anche gravi, pensiamo ad esempio alla morte per Karoshi, termine giapponese con cui si indica la morte per eccesso di lavoro. Ci vuole quindi un’organizzazione strutturata del lavoro, affiancata dal supporto dei colleghi, dei superiori, e anche da un ambiente consono e sicuro, munito di tutti i materiali necessari allo svolgimento delle varie attività. Il focus più importante è quello sull’organizzazione. Ed è necessario dare importanza alla psicologia dell’organizzazione.

Ci sono degli addetti alla psicologia delle organizzazioni?

Sì, ci sono e possono essere sia strutturati negli ospedali sia anche esterni, come consulenti. E credo che questa battaglia contro il virus debba necessariamente renderli partecipi.

A fine emergenza pensa che il nostro modo di concepire la realtà, gli affetti e un po’ tutte le varie sfere del vivere quotidiano si scopriranno trasformati?

Ci sarà un cambiamento profondo, che dipenderà dalla durata di questo periodo e anche dalla pericolosità della situazione. Ci saranno cambiamenti, la voglia forse di dare un ruolo più rilevante all’intelligenza emotiva, che in questi ultimi anni ha invece subito il dilagare dell’intelligenza digitale e artificiale e del mondo dei social. Si può ipotizzare un ritorno alla necessità delle emozioni che sono fondamentali per la nostra vita anche professionale come potenziale outcome. E poi anche il mondo del lavoro sarà probabilmente interessato da cambiamenti nelle professioni. Ad esempio, potrà esserci un utilizzo più diffuso dello smart working e del lavoro da remoto, con i quali la nostra società italiana fino a prima dell’emergenza aveva meno familiarità rispetto ad altre culture. Ci potranno essere anche delle professioni in crisi inoltre. Ci saranno persone che perderanno il lavoro, diventando employables,  ovvero dovranno ricollocarsi, ricostruire la propria professionalità. E da questo ne scaturiscono emozioni come stress e paura della disoccupazione.

Elisa Scrofani