Cronache

Corruzione nei lavori pubblici: la normativa non la combatte, ma la alimenta

Non c’è pace all’orizzonte per i casi di corruzione negli appalti pubblici: una storia che sembra non terminare mai. Chiuso un caso se ne apre un altro: vien da pensare che i casi non siano episodi, ma costume. E subito la mente dei governanti corre alla ricerca di quali nuove norme e nuove strutture per arginare il fenomeno, a quale commissario straordinario, a quale nuova Autorità. Sono passati oltre 20 anni da tangentopoli e si sono succedute tante leggi salvifiche: la Merloni, le Di Pietro, ed infine il testo unico contratti e relativi regolamenti attuativi, una mattonata di norme che a leggersele tutte ti serve almeno un mese di tranquilla vacanza.

Ma se solo facessimo mente locale anche su un solo argomento della procedura degli appalti, quello che pare essere il motore di alcuni presunti episodi di corruzione alla ribalta in questi giorni, ascrivibili alla “verifica delle anomalie” delle offerte presentate in sede di gara, scopriremmo ancora una volta che è nel labirinto delle norme, nel tentativo di normare, di regolare una valutazione di merito, che si alimenta la confusione, la incertezza, la discrezionalità da cui può nascere non solo il malaffare ma anche lo spreco di risorse e di tempi nella gestione degli appalti. La valutazioni delle anomalie, come chiarisce bene l’autorità anticorruzione in un parere ufficiale del 2011 “costituiscono espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale, improntato a criteri di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, che rientra tra le prerogative della stazione appaltante e, in particolare, della commissione di gara”.

Bisognerebbe chiedersi allora se sia davvero utile questa procedura, che costituisce un potere di natura tecnico-discrezionale, e la sua regolamentazione, complicata sul piano tecnico amministrativo, che impiega risorse tecniche ed amministrative considerevoli della pubblica amministrazione, che allunga notevolmente i tempi di gara. Tutti effetti noti agli addetti ai lavori ed agli amministratori pubblici, che spesso vengono addebitati non alla norma ma alla responsabilità di grigi burocrati ed agli apparati lenti degli uffici, una normativa che non si è rivelata utile a rendere più trasparenti le valutazioni di gara e non ha concorso ad agevolare una vera concorrenza. Eppure basterebbe una piccola riforma: abolire la norma. Adriano Musitelli