Cronache

Covid, niente test negativo dopo 21 giorni? Puoi andare in giro, non al lavoro

di Alessandro Grandi

Dopo 21 giorni se sei ancora positivo puoi andare in giro a comprare le sigarette ma non al lavoro. E il tuo datore di lavoro ti deve lasciare in malattia

Se pensavamo di averle viste tutte, ma davvero tutte, in quest'epoca di pandemia nazionale e globale, sappiate che non c'è mai limite al peggio. O alla follia.
La circolare del Ministero della Salute sulla riammissione in servizio dei lavoratori dopo l'assenza per il Covid ed esempio è alquanto bizzarra.
Il punto A è chiaro e si potrebbe definire logico. Infatti, racconta che per reintegrare il lavoratore che è stato ospedalizzato dopo aver manifestato polmonite o crisi respiratorie serie, serve, oltre alla negativizzazione del lavoratore, la visita da parte di un medico che definisca l'idoneità a tornare al lavoro. E fin qui sembra tutto regolare.

Ma andiamo avanti. Il punto B dice che il lavoratore positivo con sintomi diversi dalla polmonite e crisi respiratorie, può tornare alla sua mansione dopo un 'periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi' ma deve effettuare un test molecolare che deve risultare negativo. E lo deve fare dopo almeno tre giorni senza sintomi. E anche qui possiamo dire che nonostante il documento sia scritto in lingua ministerial-politichese-scientifico, è abbastanza chiaro e comprensibile.
I punti sono tanti e quindi ora tocca al punto C, anch'esso coerente. Nello specifico si dice che “i lavoratori risultati positivi ma asintomatici per tutto il periodo possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test)”. Chiaro, no?

Ma il bello deve ancora arrivare e riguarda il punto D, quello dei lavoratori positivi a lungo termine. In sostanza: 'Secondo le più recenti evidenze scientifiche i soggetti che continuano a risultare positivi al test molecolare e che non presentano sintomi da almeno una settimana, fatta eccezione per ageusia (la perdita della sensibilità gustativa), e disgeusia (alterazione del gusto), e anosmia (perdita dell'olfatto), che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione, possono interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Tuttavia, in applicazione del principio di massima precauzione, ai fini della riammissione in servizio dei lavoratori si applica quanto disposto dal richiamato Protocollo condiviso del 6 aprile 2021. Pertanto, ai fini del reintegro, i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il lavoratore avrà cura di inviare tale referto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, ove nominato. Il periodo eventualmente intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento ai sensi della Circolare del 12 ottobre e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante. Nella fattispecie prevista dal presente paragrafo non si ravvisa la necessità da parte del medico competente, salvo specifica richiesta del lavoratore, di effettuare la visita medica precedente alla ripresa del lavoro per verificare l’idoneità alla mansione”.

Dunque, anche se il linguaggio è come quello descritto sopra, ossia ministerial-politichese-scientifico, la sostanza dice che dopo 21 giorni se sei ancora positivo, e quanti ne abbiamo conosciuti tutti, puoi permetterti di andare in giro a comprare le sigarette ma non al lavoro. E il tuo datore di lavoro ti deve lasciare in malattia. Per la serie: complichiamoci la vita che tanto stiamo vivendo un periodo leggero tutti.