Cronache
“Edoardo. L’intruso tra gli Agnelli”: l'anima dell'Avvocato nell'erede suicida
Affari dialoga con Marco Bernardini, giornalista e autore del ritratto esclusivo del primogenito di Gianni
Una figura estremamente tormentata, quella di Edoardo. Possibile che in lui non vi fosse neppure uno spiraglio di luce?
C’erano eccome, in particolare il rapporto con il cugino. Se Giovannino (Giovanni Alberto, il figlio di Umberto che muore ucciso da un tumore fulminante al fegato ndr) fosse vivo anche Edoardo lo sarebbe. I due avevano stabilito un patto di sangue, di solidarietà e di aiuto eterni. Lui era l’unico ad aver intuito chi fosse Edoardo, il suo canone mentale, cosa cercava, e che lo scopo umano di Edoardo era quello di offrirsi anche agli altri, all’impegno sociale, all’impegno civile. Basti pensare che Villa Sole, dove lui viveva da solo ad appena un chilometro da Villa Frescot, alla morte di Edoardo venne trasformata da Margherita in una comunità residenziale per minori. E se Edoardo fosse ancora vivo, la storia di una famiglia intera, ma anche quella del loro impero, sarebbe completamente differente. Tanto per iniziare, la Fiat sarebbe un affare italiano. E gli Elkann non so che fine avrebbero fatto…
Che reazione ebbe Edoardo all’investitura di John Elkann, di fatto, alla guida dell’impero Agnelli?
Diede letteralmente di matto. Io ero presente: strappò le carte della rinuncia a determinati privilegi all’interno della cassaforte di famiglia. E li strappò davanti a Gabetti e al padre, mentre Margherita li firmò. Fu l’ultimo atto di un destino già segnato, e che Edoardo si rifiutò di scrivere.