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Fine vita, niente archiviazione: "Imputazione coatta per Cappato". La decisione del Gip di Firenze
No all'archiviazione per Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, indagati per aver aiutato un 44enne malato di sclerosi multipla a raggiungere la Svizzera dove poter morire avvalendosi del suicidio assistito

Fine vita, imputazione coatta per Marco Cappato
Niente archiviazione per Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, indagati per aver aiutato Massimiliano, un 44enne toscano malato di sclerosi multipla, a raggiungere la Svizzera dove poter morire avvalendosi della pratica del suicidio assistito. La decisione arriva dal gip di Firenze, Agnese di Girolamo, che ha respinto la richiesta di archiviazione fatta dalla procura sulle loro posizioni e ha disposto l'imputazione coatta rinviando gli atti alla procura. La gip di Firenze ha disposto che il pubblico ministero, entro 10 giorni, formuli l'imputazione coatta a carico di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese.
Il reato di aiuto al suicidio è punito da cinque a 12 anni di carcere. Secondo quanto riporta l'associazione Coscioni nella sua ordinanza la gip Di Girolamo stabilisce che, nonostante la Corte costituzionale abbia ampliato l'interpretazione del concetto di "trattamento di sostegno vitale", il 44enne non poteva essere considerato mantenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale in quanto, come si legge nell'ordinanza, occorre la "necessità dello stretto collegamento con la natura vitale dei trattamenti di sostegno, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte in un breve lasso di tempo". La gip - sempre secondo l'associazione Coscioni - ha anche rilevato che, come stabilito nella sentenza 135 del 2024, la Corte costituzionale ha sottolineato la necessità di una valutazione da parte di una struttura pubblica del sistema sanitario nazionale. In altre parole, ai fini di stabilire se Massimiliano rientrasse nei requisiti previsti dalla legge italiana, "si nega l'equivalenza della verifica delle condizioni del paziente fatta in Svizzera rispetto a una verifica fatta in Italia".
"La nostra è stata un'azione di disobbedienza civile. Con Chiara Lalli e Felicetta Maltese ci eravamo autodenunciati perché eravamo, e siamo, pronti ad assumerci le nostre responsabilità, nel pieno rispetto delle decisioni della magistratura, e nella totale inerzia del Parlamento. Continueremo la nostra azione fino a quando non sarà pienamente garantito il diritto alla libertà di scelta fino alla fine della vita, superando anche le discriminazioni oggi in atto tra malati in situazioni diverse", ha commentato Marco Cappato.
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