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Cronache
"Frociaggine? Altro che gergo comune. Ecco perchè può essere pericoloso"
Papa Francesco

Papa Francesco e la "frociaggine", la linguista Nacci ad Affari: "Altro che gergo comune. Ecco perchè può essere pericoloso"

Riecheggia ancora forte e chiaro il termine “frociaggine” che Papa Francesco si sarebbe lasciato sfuggire con riferimento alla moltitudine di seminaristi omosessuali. A poco, infatti, sono servite le scuse ufficiali arrivate dal Vaticano, e sui social impazza la satira sul Pontefice. Ma la parola incriminata, “frociaggine”, da dove arriva? E’ vero, come sostenuto dal generale Vannacci, che si utilizza nel “gergo comune”? Affaritaliani.it ne ha parlato con Laura Nacci, linguista e docente di temi legati alla gender equality.

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Professoressa, quale origine si può rintracciare per il termine “frociaggine”?

La parola rimanda al termine “frocio”, che già di per sè ha una connotazione gergale. L’etimologia è poco chiara, ma entra nella lingua italiana attraverso il romanesco: inizialmente pare si utilizzasse per indicare i francesi e la loro “r floscia”, in seguito diventa diventa quasi sinonimo di straniero (si usava anche per i tedeschi), diventando così un veicolo di pregiudizio xenofobo, e poi a fine Ottocento inizia a essere utilizzato con il nuovo significato, ovvero passa dal designare lo straniero che usa la lingua in modo strano, diverso, eccentrico a chi è “eccentrico ed effeminato” in generale.

E il suffisso “aggine”?

Nella lingua italiana crea derivati con una connotazione dispregiativa-negativa, che non fa altro che aggravare la presa di distanza, lo scherno e l’astio nei confronti del diverso che connota la parola “frocio”.

Il Pontefice si è scusato, e ha parlato di un tono scherzoso, quasi leggero...

Premesso che il Papa non ha l’italiano come lingua madre, è importante trasmettere il messaggio che queste "uscite" confermano la poca consapevolezza che tutti abbiamo nei confronti della lingua che utilizziamo. Noi usiamo spesso frasi come "si è sempre detto così", "il tono era scherzoso”... . In realtà le parole non sono solo battute, ma veicolano stereotipi, pregiudizi interiorizzati di cui non siamo consapevoli, ma che ci sembrano normali perchè immersi in una cultura che continua a propinarceli fin dalla nascita.

È pericoloso quindi questo ridimensionamento, questa “normalizzazione” del termine diventa una normalizzazione del pensiero che c’è dietro.

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