Cronache

Berlusconi e l'omelia di Delpini, piccolo gioiello architettonico di oratoria

di Giacomo Costa

Ai funerali di Silvio Berlusconi l'arcivescovo di Milano ha pronunciato un'omelia trasformatasi in un evento religioso, culturale e teologico. Ecco perché

Questo sarebbe il nostro personaggio come genialmente interpretato una ventina d’anni fa dalla brava Sabina Guzzanti: un uomo che senza accorgersene seguiva affascinato il dipanarsi di un dubbio esistenziale profondo sino a disfarsi. Infatti risultava più simpatico nella caricatura che nella realtà. Possiamo supporre che anche Mons. Delpini mirasse non a sostenere, ma a suggerire qualcosa di simile? Io direi di sì: parla apertamente dell’ "l'insinuarsi di una minaccia oscura".

Avrei quindi compiuto il mio esercizio interpretativo. Ma l’evento salvifico sarebbe mai avvenuto? Non credo. Il soggetto non era l'Innominato. Non c'erano crepe nascoste, il tema della grande apologetica, nella sua auto-soddisfazione.

Ritorniamo ai quasi-fedeli presenti in Duomo. Il disagio e le lamentele che alcuni di loro hanno espresso hanno una doppia origine: pur con la sua lentezza, il cattolicesimo si sta evolvendo. L’omelia di Mons.  Delpini sarebbe del tutto normale in un paese protestante. Ma i quasi-fedeli hanno un’istruzione religiosa tradizionale e infantile, nella quale loro stessi non credono. E non solo non capiscono ma non vogliono un discorso religioso evoluto. Vogliono una religione che offra qualche momento di falsa solennità al funzionamento cerimoniale dello Stato. E, grazie a Mons. Delpini, questa volta NON l’hanno avuto.