Cronache

La Margherita liberata. Ma solo con il delivery. Arriva l'ordinanza di De Luca

Eduardo Cagnazzi

In Campania riaprono le pizzerie. Gli operatori. "Un pò di ossigeno ma la normalità è lontana e le spese di sanificazione sono alte, non vale la pena riaprire"

In Campania riaprono le pizzerie. Non tutte, solo quelle con servizio da asporto. Arriva stamattina il tanto atteso provvedimento del presidente della Regione, Vincenzo de Luca, che ripristina da lunedì prossimo la possibilità di consegna del cibo a domicilio. E riaprono anche librerie e cartolerie. La Regione ha ritenuto che, dopo segnali più incoraggianti sul fronte dei contagi, fosse possibile una parziale ripresa delle attività. La questione del cibo d'asporto era stata sollevata nei giorni scorsi, in merito alle richieste partite da diversi ristoratori che hanno lanciato un appello perché in regione si potesse riprendere con la consegna a domicilio; una boccata d'aria per le tante attività che, obbligate alla chiusura, riuscirebbero in questo modo a garantirsi almeno una entrata, seppur limitata. Tra i promotori dell'appello anche il pizzaiolo Gino Sorbillo, che ha annunciato la possibile chiusura di quattro pizzerie per i mancati incassi dovuti all'epidemia.

Naturalmente, nel provvedimento che riapre alla possibilità di consegna di alimenti a domicilio, sarà previsto l’obbligo di sanificazione completa dei locali che da diverse settimane erano chiusi, oltre a quella degli impianti di ventilazione e climatizzazione. Su questo ci dovrà essere un protocollo scritto delle pulizie con un registro delle attività giornaliere. Inoltre, oltre alla disinfestazione degli ambienti, i locali dovranno essere attrezzati di gel disinfettanti, con la separazione delle attività di preparazione dei cibi da quelle per il confezionamento, mentre il personale di guanti e mascherine. La possibilità di rimettere in gioco l’asporto non illude tuttavia i ristoratori. “Il delivery non risolve i problemi, i danni causati dalla chiusura forzata sono enormi”, afferma Teresa Iorio (nella foto), più volte campionessa mondiale di pizza Stg e fritta. “Solamente con l’asporto non si torna alla normalità. Occorrono spese per la sanificazione giornaliera che impone ingenti costi, pagare almeno un altro dipendente accanto al forno con il versamento dei contributi assicurativi e previdenziali, occorre trattenere una percentuale per chi consegna a domicilio. Quanto dovrebbe costare una margherita, 9 euro, per rientrare con le spese? E, poi, banche, assicurazioni e uffici privati sono ancora chiusi, le strade deserte, turisti assenti. Meglio restarsene a casa e attendere che le pizzerie riaprano per la clientela giornaliera”. Che il delivery non risolve il problema è convinto anche Salvatore Grossi, titolare della trattoria e pizzeria La Campagnola nella zona della Sanità. “Il delivery è un modo per ricominciare e dare qualche segno di speranza. Siamo abbandonati dallo Stato, senza ancora la cassa integrazione per i cinque dipendenti e con le bollette da pagare. Certo, si comincia a mettere in moto il motore, ma la normalità non s’intravede. Soprattutto perché quando si aprirà del tutto occorrerà mantenere le distanze di sicurezza. E la limitazione dei posti è un handicap per un ambiente ristretto”.