Cronache

Report Dia: "Mafia,Messina Denaro non sarà il capo. Allarme business migranti"

La Dia: "Improbabile che sia Messina Denaro a succedere a Riina. Rischio atti di forza"

REPORT DIA: "IMPROBABILE MESSINA DENARO CAPO DELLA MAFIA DOPO RIINA, RISCHIO ATTI DI FORZA"

Dopo la morte di Toto' Riina, Cosa Nostra attraversa una "fase di transizione e di rimodulazione, contraddistinta dal rischio di forti tensioni che potrebbero sfociare in atti di forza, con pericolose ripercussioni sull'intera organizzazione mafiosa". E' quanto emerge dall'ultimo rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. Per la Dia "e' assai improbabile che a succedergli sia Messina Denaro" ed e' "ragionevole ritenere che Cosa nostra tendera' ad una gestione operativa di tipo collegiale, in linea di continuita' con la strategia perseguita negli ultimi anni".

IL REPORT DIA: BUSINESS DEI CLAN SULL'ACCOGLIENZA DEI MIGRANTI

"Per le organizzazioni criminali straniere in Italia il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con tutta la sua scia di reati 'satellite', per le proporzioni raggiunte, e grazie ad uno scacchiere geo-politico in continua evoluzione, è oggi uno dei principali e più remunerativi business criminali". Lo denuncia l'ultimo rapporto semestrale della Dia, ricordando come si tratti di un business che "troppe volte si coniuga tragicamente con la morte in mare di migranti, anche di tenera età".

IL REPORT DIA: INFILTRAZIONI CRIMINALI A ROMA

 "Gli esiti investigativi e giudiziari degli ultimi anni continuano a dar conto di una realtà, quella romana, particolarmente complessa sotto il profilo delle infiltrazioni criminali, che vedono all'opera qualificate proiezioni delle organizzazioni di tipo mafioso italiane (siciliane, calabresi e campane in primis), che sono riuscite agevolmente ad adattarsi alle caratteristiche socio-economiche del territorio di elezione" segnala la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia. Le compagini criminali, evidenzia la relazione, "sanno perfettamente intersecare i propri interessi non solo con i sodalizi di matrice straniera ma, anche, con le formazioni delinquenziali autoctone che, pur diverse tra loro, in termini di modello strutturale e di azione connessa all'esercizio del potere criminale, hanno adottato il modello organizzativo ed operativo di tipo mafioso, per acquisire sempre più spazi nell'ambiente territoriale di riferimento". La relazione segnala che "vasta eco mediatica ha avuto l'episodio che ha visto un esponente della famiglia Spada aggredire un giornalista che cercava di intervistarlo. A distanza di pochi giorni dall'accaduto, la Dda di Roma ha disposto il fermo, successivamente convalidato, dell'aggressore per lesioni e minacce, aggravate dal 'metodo mafioso'". Sempre in riferimento a Roma, la relazione "segnala l'operatività del clan Casamonica, aggregato criminale 'storico', che poggia il suo potere su una solida base familiare. Tra le attività tipiche del sodalizio, le condotte usurarie ed estorsive, i reati contro la persona, i traffici di droga ed il reimpiego di capitali illeciti".

IL REPORT DIA: 'NDRANGHETA MINACCIA PER SICUREZZA NAZIONALE

La relazione semestrale della Dia segnala che "la 'ndrangheta è una minaccia per la sicurezza nazionale" e parla di "una 'zona grigia', fatta di esponenti della politica, delle istituzioni e dell’imprenditoria, che sono in grado di fornire alla ‘ndrangheta il know how relazionale e professionale necessario per mimetizzarsi nell’economia legale. È su questa base che vengono cementate alleanze affaristico-mafiose tra consorterie di diversa matrice".

"Per la 'ndrangheta - osserva la relazione - non appartengono al passato, né devono essere relegati a mero fenomeno folkloristico, i riti iniziatici di affiliazione e di passaggio di 'grado'. Le più recenti acquisizioni investigative danno conto, infatti, di quanto essi siano tuttora indispensabili per definire appartenenza e gerarchie interne, per rafforzare il senso di identità e per darle 'riconoscibilità' all’esterno. Un modello organizzativo che consente alle cosche di espandersi in maniera unitaria e di accreditarsi con forza in quei 'circuiti' utili a condizionare scelte politiche e amministrative, regolare rapporti con imprese, enti, banche ed istituzioni: sette degli otto enti comunali sciolti, nel semestre, per infiltrazioni mafiose, sono calabresi, di cui due in provincia di Reggio Calabria". "Le evidenze investigative del semestre - si legge ancora nella relazione - confermano, inoltre, come le consorterie stiano cercando di cogliere, con strumenti corruttivi o più esplicitamente violenti, le numerose opportunità offerte da economie dinamiche e di portata internazionale. Un vero e proprio modello d’azione che continua ad essere replicato, oltre che in Calabria, anche in altre aree nel Nord Italia ed all’estero, con proiezioni operative in Germania, in Svizzera, Spagna, Francia, Olanda e nell’Est Europa, nonché nei continenti americano (con particolare riferimento al Canada) ed australiano. Contesti dove si sono stabilmente insediate nuove generazioni di affiliati, incardinati in locali che, seppur dotati di una certa autonomia, continuano a dar conto al comando strategico reggino".

"Una vera e propria 'colonizzazione' da parte del malaffare calabrese, nel cui ambito le cosche della ’ndrangheta restano l’espressione mafiosa maggiormente aggressiva e la minaccia criminale più evidente alla sicurezza nazionale".